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La BCE abbassa i tassi ma non basta, serve un piano di rilancio firmato Letta.

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La BCE abbassa i tassi di interesse ma a L’italia certamente non è sufficiente e ci vuole uno sforzo maggiore per ridare credito alle piccole e medie imprese italiane(pmi). E’ il messaggio  arrivato nelle ultime settimane dalla Banca Centrale Europea, per bocca del suo presidente Mario Draghi (e ribadito oggi anche da Yves Mersch, membro del Comitato esecutivo della Bce, in una intervista al Sole 24Ore).

Il problema messo in evidenza da Draghi e Mersch è particolarmente sentito in Italia, dove il mondo delle pmi sta vivendo giorni di passione a causa della crisi economica e della difficoltà nell’accesso ai finanziamenti bancari. Nei primi 3 mesi del 2013, secondo le rilevazioni di Unioncamere, il numero di imprese che hanno chiuso i battenti ha superano di 31mila unità quello delle aziende di nuova costituzione, facendo segnare il peggior dato dal 2004 in poi. Senza dimenticare, poi, che le pmi italiane oggi riescono a finanziarsi a condizioni molto svantaggiose, cioè con tassi superiori di almeno un punto percentuale alla media di Eurolandia e di quasi un punto e mezzo rispetto alle imprese ai paesi virtuosi come la Germania (dati Confcommercio).

LE STORIE DELLE AZIENDE IN CRISI

I DEBITI DELLE IMPRESE

Dunque, per far girare la macchina del credito, non sono servite a molto le misure di stabilizzazione finanziaria messe in cantiere dalla Bce tra il 2011 e il 2012, come i finanziamenti alle banche a tassi agevolati (Ltro) o il piano di acquisto dei titoli di stato dei paesi in difficoltà (Omt). Per aiutare le pmi ci vuole ben altro, insomma, anche se Draghi e colleghi non hanno ancora scoperto le carte sui provvedimenti che intendono mettere in cantiere.

La soluzioni ventilate  dalle autorità di Francoforte sono due: un rilancio delle cartolarizzazioni e la possibilità per le banche di usare i crediti vantati verso le piccole imprese come collaterale.                 Nel primo caso, si vuole dare nuova vita a un’attività che  gli istituti finanziari svolgono da tempo (anche e soprattutto in Italia) e che hanno subito purtroppo una battuta d’arresto. Si tratta appunto delle cartolarizzazioni, con cui i crediti vantati delle le pmi vengono trasformati in titoli negoziabili sul mercato, per ottenere in cambio liquidità fresca. L’ipotesi della Bce è di stimolare nuovamente queste attività, allentando i requisiti di capitale che (secondo gli organi di vigilanza) le stesse banche devo avere, ogni volta che effettuano delle cartolarizzazioni nel  segmento delle piccole imprese (quando erogano delle linee di prestito, infatti, i gruppi finanziari  devono dotarsi di una scorta di capitale e patrimonio adeguata, per fronteggiare il rischio di perdite). Rendendo più blandi questi criteri oggi abbastanza stringenti nei confronti delle pmi (che sono considerate i debitori più vulnerabili), i finanziamenti alle piccole aziende potrebbero ricevere nuova linfa.

L’altra misura ipotizzata dalla Bce è la possibilità per le banche di utilizzare i crediti vantati verso le piccole aziende come collaterale (cioè come garanzia) per ottenere maggiore liquidità dalla Bce. Anche questa misura potrebbe, almeno in teoria, spingere gli istituti di credito a essere meno avari nel concedere soldi in prestito alle pmi. Tra gli osservatori, però, c’è chi non nasconde una certa dose di scetticismo e fa notare che dei provvedimenti simili sono già stati messi in cantiere dalla Banca d’Inghilterra, senza ottenere particolare successo (almeno finora).

 

 

L’opinione:

Dalle ipotesi ventilate  in Europa trapelano soluzioni inefficaci  per il nostro paese perché non strutturali e In entrambi i casi riportati qua’ sopra,  l’intervento verso le imprese da parte dello stato non sarebbe diretto ma indiretto, e comunque i provvedimenti passerebbero prima nelle casse delle banche e poi, bontà loro, in quelle delle aziende, se saranno ancora aperte e operanti quest’ultime. No non è la mossa coraggiosa e necessaria con cui questo governo dovrebbe rimettere in moto l’economia. Sarebbe come se un paziente al quale serve sangue, invece di somministragli una dose necessaria per il suo recupero,  venisse prima dato ai pazienti meno gravi della stessa corsia,  nella speranza che migliori anche lui. C’è bisogno di accesso diretto alle soluzioni del paese, ai problemi delle aziende e della gente. C’è necessità di gestire con coscienza e professionalità gli ultimi soldi rimasti sul tavolo cercando di usarli per meccanismi che accelerano il volano per  la vera ripresa. Si potrebbe iniziare il lavoro del governo, dando anche il buon esempio post elettorale, effettuando il taglio alla spesa pubblica che costa all’anno “800 miliardi di euro” ,  per poi mettere il risparmio guadagno di questo taglio nelle casse di un micro-credito denominato per esempio, “rilancio Italia“. Si potrebbe incentivare la ripresa economica,  eleggendo Cassa Depositi e Prestiti, a un ruolo di datore di media garanzia per le imprese, e chiedere alla BCE  di eleggersi a “datore di ultima istanza” per credito alle PMI. Istituire delle commissioni di esperti, per individuare  tra i settori performanti, quelle aziende virtuose nei settori del (Turismo- arte, produzione-mobili e arredamenti, cibo e vini, moda)  alle quali riaprire vere linee di credito per poterle far ripartire nella loro produzione. Queste operazioni sortirebbero due risultati : fiducia e positività.
Alessandro Sicuro
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