SULLE SFORBICIATE ALLA SPESA PUBBLICA TUTTI D’ACCORDO (MA SOLO A PAROLE)
Su 800 miliardi di euro di spesa pubblica non si vuole tagliare niente anzi, si decide di comprare ancora auto blu, confermare l’acquisto degli f35, le missioni all’estero, il rimborso ai partiti, le province…
Per rinviare la stangata Iva il Parlamento deve trovare una alternativa all’aumento degli acconti fiscali di Irpef e Irap – Pd e Pdl compatti: cura dimagrante ai conti ma tutti zitti – A usare le forbici, c’è sempre qualche lobby, sindacato o sindaco amico (che portano voti) che inizia a lamentarsi…
Francesco De Dominicis per “Libero“
Cronaca di una morte annunciata: quella dei tagli alla spesa pubblica. Se ne parla ciclicamente: gli italiani sono un popolo di commissari tecnici e, sulla carta, tutti abilissimi a manovrare le forbici fra le pieghe del bilancio statale: gli sprechi non mancano. Anzi.
Ora la questione è tornata d’attualità: per congelare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, rimandando la stangata da luglio a ottobre, serve un miliardo di euro.
E che ci vuole – dirà al bar con gli amici il nostro abile sforbiciatore – a risparmiare qualcosa sugli 800 miliardi che ogni anno escono della casse dello Stato? Niente: si tratta, in effetti, solo dello 0,13%, ma pare che mettere a dieta i conti pubblici sia una specie di mission impossible. Non a caso il Governo di Enrico Letta, che mercoledì ha approvato con decreto legge il rinvio dell’Iva per 90 giorni, ha “coperto” la misura con altre tasse: quel miliardo sarà raggranellato aumentando gli acconti che si pagano a novembre per Irpef, Ires e Irap.
Letta è uscito da palazzo Chigi, dopo l’ok al provvedimento, dicendo subito che avrebbe accettato modifiche e soluzioni alternative. Di fatto, il premier ha passato la patate bollente al Parlamento. Il conto alla rovescia è partito: ci sono 60 giorni di tempo per correggere il tiro.
Azzardiamo una previsione (e speriamo di fallirla): non si taglierà un euro di spesa pubblica, perché per far fronte all’emergenza Iva si continuerà a utilizzare la leva fiscale. Magari roba diversa dagli acconti, ma non diversa nella sostanza. Non a caso è tornata a circolare l’ipotesi della «patrimoniale», ma si tratta solo di una voce.
La parola d’ordine è trovare altre coperture, andando a sfoltire le uscite del bilancio. In Parlamento sembrano tutti d’accordo, ma nessuno si sbilancia. Ieri Renato Brunetta, capogruppo Pdl alla Camera, ha provato a rimettere la questione nelle mani dell’Esecutivo: «Spetta a loro indicare le alternative».
Anche Enrico Zanetti (Scelta civica) è contrario alla soluzione degli acconti fiscali maggiorati, ma – pur rivelando di avere idee per aggredire il bilancio – prende tempo: «Usciremo allo scoperto nelle sedi opportune». Non si scopre nemmeno Daniele Capezzone (Pdl) che a Montecitorio va dicendo di avere ben quattro proposte sui tagli, «ma in busta chiusa». Resta sul vago anche Francesco Boccia (Pd): «Il Parlamento migliorerà le coperture».
Il copione è noto: la lite è dietro l’angolo. E la ragione è semplice: quando si aggredisce il bilancio pubblico, si corre il rischio di dare fastidio a questa o quella lobby, a questa o quella categoria professionale, a un settore di imprese o comparto della pubblica amministrazione. Tagli gli appalti per le opere pubbliche? Via le proteste dei costruttori. Una botta alla scuola? Ecco i prof in piazza accompagnati dagli studenti. Un colpo al budget delle Forze dell’Ordine? C’è di sicuro il parlamentare «amico» a lanciare l’allarme sulla sicurezza dei cittadini.
Insomma, far risparmiare lo Stato è un lavoraccio e nessuno si sporca le mani: in ballo ci sono soldi da gestire a tutti i livelli della burocrazia e interessi di varia natura che poi equivalgono a voti.
Vale la pena sottolineare un paradosso: più è piccolo l’intervento (come il caso del miliardo necessario a congelare il rincaro Iva) più è difficile agire in maniera decisa, perché ci sarà sempreun sindacalista o rappresentante di categoria pronto a gridare all’ingiustizia.
Che poi si spiega perché Giulio Tremonti, da ministro dell’Economia, preferiva dare un’accettata trasversale coi cosiddetti «tagli lineari»: sacrifici per tutti e polemiche sterilizzate. Non va in questa direzione il «piano d’autunno» a cui starebbe lavorando il Tesoro per trovare ben 11 miliardi: sul tavolo ci sono riduzioni di spesa corrente, riforma del catasto per trasformare Imu e Tares nella più pesante «service tax», ritocchi alle aliquote Iva più basse, tagli alle agevolazioni fiscali a imprese e cittadini. Ma si fa in tempo a cambiare idea. C’è l’estate di mezzo.