
DRAGHI INIETTA FIDUCIA CON LE PAROLE E BERNANKE STAMPA MONETA NELLA SPERANZA CHE CON L’ECONOMIA VIRTUALE RIPARTA ANCHE L’ECONOMIA REALE. QUESTI SIGNORI HANNO DIMENTICATO CHE QUALSIASI MECCANISMO INERTE NECESSITA DI UN AIUTO REALE PER RIMETTERSI IN MOTO. IL MOTORE DELLA LORO AUTO COME PARTE CON LE PAROLE O CON IL MOTORINO DI AVVIAMENTO?! PERCHE’ NON USANO LO STESSO MECCANISMO CHE HANNO USATO CON LE BANCHE ANCHE CON LE IMPRESE ?!
Non esiste più la politica economica, è solo questione di comunicazione e di potenzialità di diffusione di un certo slogan o linguaggio emotivo. Lo scopo è convincere che se la ripresa è alle porte, allora ripartono pure credito, consumi e investimenti – Ma se anche arrivasse la crescita in Italia, ci vorranno anni per trasformarla in benessere diffuso, non siamo strutturati. La politica economica è diventata una questione di comunicazione. La Fed ha creato un’aspettativa continua di quantitative easing, con l’obiettivo di iniettare fiducia; la Borsa, più sensibile agli umori, sale, creando un effetto ricchezza; la gente, sentendosi più ricca dovrebbe consumare di più e le imprese tornare a investire. Ma se Wall Street ha messo a segno una forte crescita, credito, consumo e investimenti languono.
La Fed ha fatto però proseliti. Per mettere fine al “ventennio perduto”, Abe ha annunciato una rivoluzione della politica economica giapponese, mandando il Nikkei alle stelle; anche se per ora si è vista solo una svalutazione dello Yen vecchio stile; e la Borsa ha ricominciato a oscillare.
Anche Draghi ha sposato l’approccio mediatico. Prima con l’annuncio degli acquisti sul mercato di titoli
E’ uno scambio di attività col sistema bancario, che lo tiene artificialmente a galla. In Italia, prima di parlare
È vero che molti indicatori ciclici e di fiducia sono migliorati. Ma gran parte di questi non hanno valore previsivo: forniscono la rappresentazione di uno stato, confrontato con quello immediatamente precedente. Le imprese hanno tagliato gli investimenti e le famiglie i consumi per adeguarsi alle peggiori prospettive. Il fatto che abbiano rallentato o smesso di tagliare è un miglioramento, ma non implica che domani staremo meglio. Infatti gli utili attesi delle imprese europee vengono continuamente rivisti al ribasso. E mentre Draghi annuncia la ripresa, la stessa Bce ha appena ridotto le stime per l’Eurozona sia per quest’anno, che il prossimo (a un misero 0,9%).
Compiacersi perché abbiamo rallentato la caduta, o l’abbiamo fermata, ma rimaniamo a terra, pur sopravvissuti allo schianto, significa aver perso di vista il problema: l’Europa ha subìto contemporaneamente il peggior episodio di doppia recessione e il più lungo periodo di contrazione visti nel dopoguerra. Non se ne esce con la politica degli annunci. Come negli altri casi, mi sembra rivolta a condizionare i mercati; ma che crea soltanto l’illusione di poter risolvere i problemi economici sottostanti.
L’Italia ha raggiunto il pareggio della partite correnti non grazie alle esportazioni, piatte nel primo trimestre, ma a una caduta media del 7% delle importazioni in sei trimestri consecutivi. Il Pil potrà anche crescere grazie alle esportazioni, ma dato l’avanzo con l’estero che bisognerà accumulare e mantenere è illusorio pensare si traduca in una decisa inversione dei consumi e degli investimenti in un futuro ragionevolmente prossimo.
“In ultima analisi, chi governerà, dopo le elezioni che avverranno i nei prossimi mesi, avrà l’onere di
Alessandro Sicuro