Aprile 25, 2024

ALESSANDRO SICURO COMUNICATION

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ITALIA, LO STATO DELL’ARTE, CHE NON RENDE…

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ITALIA LO “STATO DELL’ARTE”:

 4.500 MUSEI AL 10% DELLE LORO  POTENZIALI POSSIBILITA’

-PERSONALE CHE PARLA POCO LE LINGUE

-POCHI SERVIZI PER I DISABILI

-SCARSA PRESENZA ON-LINE

-ZERO PROPOSTA SOCIAL MEDIA MARKETING

-MENO DELLA METÀ HA IL SITO WEB MA POCHISSIMA INDICIZZAZIONE WEB SEO

-LA SICILIA E I SUOI MUSEI PER ESEMPIO, INVISIBILI AL WEB E AL RESTO DEL MONDO

-POCA DIVULGAZIONE STORICA E CULTURALE, GENERALIZZATA

-POCHI CATALOGHI DIGITALI  PREZIOSI PER LA SCELTA DEL PACCHETTO QUANDO IL TOUR OPERATOR LO COMPONE PER I POTENZIALI TURISTI STRANIERI.

– DICONO CHE POMPEI DA UN PO DI TEMPO PERMETTA LA PRENOTAZIONE ON LINE, TUTTO DA VERIFICARE.

IL RAPPORTO CON I FRANCESI E’ 4.500 A 1.  IL LOUVRE RACCOGLIE DI PIÙ DEI NOSTRI 4.500 MUSEI…

4.500 strutture Sono tante, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale e amministrati malissimo. E gli italiani li frequentano poco, nonostante in quasi la metà (49%) l’ingresso sia gratuito. Lo dicono gli ultimi dati Istat relativi al 2011 sui musei italiani. Il 45% dei visitatori è straniero, ma solo in poco più del 40% delle strutture è presente personale in grado di fornire al pubblico informazioni in lingua inglese. Non solo, soltanto la metà ha un sito web tramite il quale pubblicare il calendario delle iniziative e degli eventi, diffondere una newsletter e rendere disponibile un catalogo online. Le informazioni raccolte dall’Istituto statistico italiano descrivono una galassia di oltre 4.500 istituti nati per lo più in tempi recenti, diffusi su tutto il territorio nazionale e molto diversi tra loro. In Italia c’è un museo e mezzo per ogni 100 metri quadri e uno ogni 13mila abitanti circa. Il 45% si trova nelle regioni del Nord, il 29% al cnetro e il 25% al Sud e nelle isole, dove invece è concentrato il 52% dele aree archeologiche. Le Regioni con il maggior numero di istituti sono la Toscana, l’Emilia Romagna e il Piemonte. Quelle con il numero più basso la Valle d’Aosta, la Basilicata e il Molise. Il 17% si trova nei comuni con meno di 2mila abitanti.

TANTI I BENI CONSERVATI, MA NON SEMPRE DOCUMENTATI E VALORIZZATI L’84,2% dei musei, delle gallerie e delle raccolte conserva ed espone beni di sua proprietà, anche se in alcuni istituti è praticato lo scambio di oggetti per finalità espositive o di studio. Quasi un terzo degli istituti (il 32,4%), al momento della rilevazione disponeva di beni ricevuti in deposito e oltre un quinto (23,6%) di beni in comodato, mentre il 22% ne aveva ottenuti in prestito per mostre e allestimenti specifici. Il 35,4% delle strutture, a sua volta, aveva dato in prestito ad altre istituzioni, per l’allestimento di esposizioni o mostre, oggetti appartenenti alle proprie collezioni. Il numero medio di beni conservati, che contribuisce a rappresentare le dimensioni dei musei, varia con la natura tematica delle collezioni. Le collezioni di storia naturale e scienze naturali, ad esempio, sono quelle tendenzialmente più numerose (con un valore medio di oltre 120.000 unità conservate) e quelle di arte sacra, al contrario, le più esigue (meno di 700 elementi per struttura). Le raccolte archeologiche si attestano su 47.000 pezzi circa, quelle di arte moderna e contemporanea sui 13.300, quelle specializzate sui 12.900, quelle industriali o d’impresa sui 2.700. Il problema è che la capacità espositiva di molti musei è inferiore a quella di custodia e conservazione. Nonostante oltre tre quarti degli istituti (il 79,1%) dichiari di avere aperto al pubblico, nel 2011, tutti gli spazi espositivi disponibili, i beni conservati sono molti di più di quelli esposti al pubblico. Sono meno della metà (il 42,9%) i musei che sostengono di esporre oltre il 90% dei beni conservati, mentre il 31% dei musei espone non più della metà delle collezioni che possiede. La capacità espositiva è tanto maggiore quanto si riduce il numero di beni posseduti: i musei dotati di un patrimonio scarsamente numeroso (fino a 50 beni) ne espongono il 94,5%, quelli che detengono da 51 a 100 beni invece il 90,2%, fino ad arrivare a quelli che dispongono di oltre 50mila oggetti e ne espongono solamente il 6,4 per cento. In stretto collegamento a questo aspetto va segnalata una scarsa dinamicità nell’esposizione degli oggetti: solo poco più di un quinto (21,2%) degli intervistati riferisce di avere effettuato una rotazione dei beni da presentare al pubblico fra sale espositive e depositi. La più elevata propensione a movimentare le opere si registra nei musei di arte moderna e contemporanea (38,2%), seguiti da quelli d’arte (25,6%) e da quelli specializzati (25,5%). I meno propensi alla rotazione del materiale espositivo sono i musei etnografici e antropologici.

BASSO UTILIZZO DELLE LINGUE STRANIERE E POCHI SERVIZI PER I DISABILI Una larga maggioranza (77,8%) di musei e istituti simili italiani offre al pubblico la possibilità di usufruire di visite guidate. Anche la prenotazione dei biglietti e delle visite è un servizio largamente diffuso (58,3%). Poco meno della metà degli istituti (44,2%) però è dotata di bookshop e nel 34,7% dei casi i disabili possono trovare assistenza, servizi e percorsi dedicati. Il 19% degli istituti ha ludoteche e offre intrattenimento per i bambini. Caffetteria e ristorazione sono invece servizi aggiuntivi più rari, e vengono assicurati solo dal 13,2% delle strutture. Nell’81% dei musei e degli istituti similari italiani è possibile trovare opuscoli e materiale informativo a stampa e nel 74,6% sono presenti pannelli che spiegano ai visitatori le singole opere. C’è un punto di accoglienza, dove vengono forniti ai visitatori orientamento e informazioni, nel 68,7% delle strutture. Il percorso di visita viene suggerito con appositi strumenti dal 41,2% degli istituti, e nel 39,5% dei casi sono anche disponibili informazioni e notizie sul contesto territoriale locale. Per contro, solo poco più di un museo su quattro (il 25,2%) ha predisposto percorsi specificamente pensati per i bambini, il 24,5% dispone di postazioni multimediali e solo l’11,6% offre la possibilità di utilizzare audioguide. In poco meno di un quinto dei musei rispondenti, i disabili possono trovare materiali e supporti informativi specifici, come percorsi tattili o pannelli in braille per i non vedenti. Il personale è in grado di fornire al pubblico informazioni in inglese solo nel 42,5% dei casi. Per la lingua francese, la percentuale scende al 23,2%, per il tedesco al 9,7% e per lo spagnolo al 7 per cento. Sono molto rari i casi in cui gli addetti possono comunicare in arabo e giapponese (0,2%) o cinese (0,1%). La disponibilità di materiale informativo scende al 40,9% dei musei per l’inglese, al 16,1% per il francese e al 5,5% per lo spagnolo, ma sale al 16,4% per il tedesco, e, seppur marginalmente, allo 0,9% per il giapponese e allo 0,3% per il cinese. Ancor più rara è la possibilità di trovare pannelli e didascalie in lingua diversa dall’italiano: l’inglese compare nel 21,3% degli istituti, il tedesco nel 4,4% e tutte le altre lingue di fatto scompaiono dal panorama dell’offerta informativa. Tutti questi dati contrastano con l’aspirazione, più volte espressa nelle sedi della programmazione delle politiche culturali, a fare dei musei, dei monumenti e delle aree archeologiche un elemento qualificante dell’offerta turistica di qualità del Paese, specie nei confronti dei mercati emergenti.

LA METÀ DEI MUSEI HA UN SITO WEB, MA SOLO IL 16% PERMETTE L’ACCESSO ONLINE AI BENI ESPOSTI. Se la metà degli istituti (50,7%) ha un proprio sito Web, solo il 42,3% pubblica online il calendario delle iniziative e degli eventi, il 22,6% diffonde anche una newsletter, appena il 16,3% permette l’accesso online a singoli beni selezionati e il 13,3% rende disponibile un catalogo digitale . Meno di un decimo degli istituti (9,4%) offre ai visitatori connettività Wi-Fi gratuita tramite hotspot. Solo il 16% dei musei è attivo nelle community virtuali, attraverso social network, blog e forum. Ancor meno istituti (il 5,7%) utilizzano Internet per la prenotazione delle visite e la vendita dei biglietti, e quelli che hanno predisposto applicazioni per smartphone e tablet sono una percentuale veramente bassa (3,4%). VISITATORI: CHI SONO Nel complesso, nel 2011 le persone che hanno visitato musei, monumenti e aree archeologiche sono state 104 milioni. Il flusso si concentra tra Toscana, Lazio e Lombardia. E anche nelle strutture gratuite, i giovani visitatori (tra i 18 e i 25 anni) rappresentano poco più di un quinto dei visitatori. Dato che, secondo l’Istat, può essere messo in relazione alla carenza di politiche tariffarie favorevoli agli under 25. In ogni caso, anche il pubblico degli anziani resta marginale e arriva a rappresentare poco più di un quarto del totale. E se il pubblico internazionale rappresenta quasi la metà del totale dei visitatori, per oltre la metà dei musei – colpa forse della scarsa presenza in Rete – non supera il 10% degli ingressi.

LA RETE DEI MUSEI La metà (49,9%) degli istituti monitorati da Istat appartiene a un sistema museale organizzato, che consente di condividere le risorse, dividere le spese e creare sinergie, tanto sul piano organizzativo, quanto su quello dei contenuti. Tra i musei pubblici, la propensione a partecipare a sistemi è particolarmente alta (59,9%) e arriva, tra le strutture del ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact), al 100 per cento. Al contrario, la grande maggioranza dei musei e istituti similari privati (68,5%) dichiara di non appartenere a nessun sistema organizzato . BILANCI Solo poco più di un quarto degli istituti italiani (25,4%) è dotato di un bilancio autonomo, perché la maggior parte rappresenta un’articolazione di un’organizzazione più complessa (ad esempio, una soprintendenza o un’amministrazione comunale). La presenza di bilanci scende al 18,6% tra gli istituti pubblici, ma tra i privati non supera il 38 per cento. Le spese di funzionamento ordinario rappresentano più del 90% dei costi sostenuti dagli istituti per il 23,2% dei rispondenti. Meno di un quinto delle unità (il 18,5%) dichiara, invece, che la loro incidenza non supera il 25% delle spese complessive. Se potessero aumentare del 10% il proprio budget di spesa, i musei e gli istituti similari destinerebbero queste risorse a campagne di informazione e comunicazione, per aumentare il pubblico dei visitatori (23,5%), rinnovamento degli allestimenti (12,2%), interventi urgenti di manutenzione o restauro dei beni e delle collezioni (11,4%) ristrutturazione dell’edificio o adeguamento degli impianti (11,3%), organizzazione di manifestazioni ed eventi per ampliare l’offerta (10,2%). Solo lo 0,9% del totale utilizzerebbe la maggiore disponibilità per realizzare interventi formativi per la qualificazione del personale.

I POLI MUSEALI DI MAGGIORE ATTRAZIONE Il panorama museale italiano è caratterizzato da una forte polarizzazione dell’offerta: da un lato una grande quantità di strutture di piccole e medie dimensioni, distribuite in modo diffuso su tutto il territorio nazionale, che rappresentano importanti presidi culturali sul territorio, ma alle quali non sempre corrisponde un volume di pubblico altrettanto rilevante sul piano quantitativo; dall’altra, una quota ristretta di grandi istituzioni, di rilevo internazionale, capaci di assorbire un’ampia parte del flusso di visitatori. Tra i poli di maggiore attrazione, le prime 15 strutture italiane sono in grado di produrre ciascuna oltre 900mila ingressi all’anno. Sono monumenti come il Palazzo ducale di Venezia, il Castello Sforzesco di Milano, o gli Scavi Vecchi e Nuovi di Pompei e l’Anfiteatro Flavio e il Foro romano e Palatino di Roma, ma anche musei come le Galleria degli Uffizi e il Corridoio Vasariano di Firenze. Sebbene rappresentino meno dell1% delle istituzioni censite da Istat, in queste strutture si concentra quasi un terzo (oltre il 29%) del pubblico dei visitatori.

Alessandro Sicuro

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