Aprile 19, 2024

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L’Arte della Lana

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L’Arte della Lana nella Firenze Romana


 In molte città italiane, nel corso del XXII secolo, pressappoco contemporaneamente alla formazione dei Comuni, si fondarono delle associazioni tra appartenenti ad una stessa professione. Queste associazioni presero il nome di Arti, Corporazioni o Misteria (dal latino mestieri). Verso la metà del XIII secolo, insieme ai Consoli e ai Podestà, i capi delle Corporazioni deliberavano sulle questioni economiche e politiche di maggiore importanza.
L’Arte della Lana era la più ricca e la più prospera e molti mercanti diventarono banchieri. Le grandi banche fiorentine dei Bardi e dei Peruzzi, degli Acciaiuoli, dei Medici, investirono il loro denaro in tutta l’Europa, lo impegnarono in affari di ogni genere; prestarono ingenti somme a principi e re; dal loro appoggio dipesero il successo o l’insuccesso di molte imprese militari, di ambiziosi progetti e carriere politiche a livello europeo.

A Firenze, in Piazza Signoria negli anni ’80, fu effettuata una delle più importanti scoperte archeologiche del XX secolo della nostra città: una fullonica, ossia una tintoria e lavanderia romana.
Si trattava di un impianto per la lavorazione della lana di dimensioni inusitate, tanto che solo a Ostia se n’è trovato uno di uguale grandezza. Tale edificio si sviluppava su un fronte di 35 metri di lunghezza, un vero e proprio complesso industriale risalente al I/II secolo d.C. Per gli archeologi è la prova che Firenze, già da allora, era un centro non indifferente di trasformazione, lavorazione e smistamento delle stoffe. Una scoperta che riporta alla ribalta un passato di Firenze da sempre trascurato, tanto è stato ricco il suo Rinascimento.
La grande Fullonica per il lavaggio e la tintura delle stoffe di Piazza Signoria, disponeva di locali vastissimi, aveva vasche, bacini e forni e, inoltre, era dotata di un porticato i cui pilastri presentano a una certa altezza dei solchi ad anello dovuti a usura: la superficie consumata fa pensare che gli antichi artigiani li utilizzassero come “tiratoi” per arrotolare e strizzare i panni trattati nella tintoria.
Gli operai entravano direttamente dentro vasche e recipienti, e spingevano coi  piedi le lane sotto le tinte acide. Un lavoro massacrante, assolutamente privo di qualsiasi precauzione igienica, che si mantenne per tutto il Medioevo.

Tra gli elementi architettonici e i vari materiali d’uso pertinenti alla Fullonica e ritrovati a 3 metri di profondità figurano grossi pezzi di tubatura in piombo, un gocciolatoio marmoreo a testa di leone, alcuni pozzetti per la preparazione dei colori e la tintura, vasche e bacini con piani inclinati a diverse pendenze. Completano l’impianto la finitura a intonaco delle pareti e la presenza di elementi decorativi, che fanno pensare a un complesso di notevole ricchezza. Insomma, la radice della futura e fortunatissima Arte della Lana.
E’ da pensare che un impianto del genere non rispondesse esclusivamente al fabbisogno della Firenze d’allora, che poteva contare si e no 15mila abitanti, ma doveva servire anche al suo vasto comprensorio.
Chi poteva gestire una simile struttura produttiva? Chi poteva essere, in quei primi secoli dell’era cristiana, l’industriale teso a precorrere le fortune dell’Arte della Lana? Forse era uno dei grandi Liberti imperiali ai quali in genere si affidavano importanti appalti; o qualche ricco magistrato locale.

I padroni  e gli operai (non schiavi) di questi impianti erano detti “fulloni” (lavandai) perché, oltre alla lavorazione e alla tintura, accudivano al mantenimento delle vesti. Le bellissime toghe avevano bisogno continuo dell’opera dei fulloni, che divennero una categoria socialmente importante tanto da avere il proprio Collegium (Corporazione) nelle città importanti dell’Impero Romano.
Le operazioni di lavaggio e il mantenimento delle vesti, venivano eseguite mediante sostanze alcaline e depuranti, come il nitrum, le creta fullonica e l’urina. I fulloni veneravano la civetta, protettrice del lavoro e sacra a Minerva.
Il ritrovamento dell’antica tintoria è considerato di eccezionale interesse scientifico, non solo perché permette di stabilire che a Firenze l’industria medievale delle stoffe e della lana ha un’antichissima radice, ma anche perché i resti dell’edificio della Fullonica hanno portato un prezioso contributo alla ricostruzione della topografia e della vita commerciale della colonia romana. Enio Pecchioni

 

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