
Violenza contro le donne, Femminicidio
Il termine è diventato di uso comune, anche se mentre scriviamo il pezzo ci rendiamo conto che Word non lo riconosce, pare nemmeno il software voglia riconoscere questa ingiustizia. La questione ha finito per indossare molte pelli: culturale, sociale, politica. Prima ancora della discussione del decreto legge ad hoc, era un item che aveva conquistato lo spazio mediatico come, per dire, l’argomento più discusso della saggistica di quest’anno dopo Papa Francesco è…, finalmente si è affermato nel senso comune che la violenza domestica è una delle prime cause di omicidio in Italia, e che – ovviamente – oltre le donne ammazzate, ce ne sono migliaia di altre che vengono ogni giorno picchiate e violentate, fisicamente e psicologicamente. Ma è la seconda che a noi preoccupa di più. “L’essere picchiati, cioè violati nel profondo dalla persona amata, verso la quale non siamo pronti alla difesa, anzi al martirio, è la cosa che ci offende e ferisce di più.
E c’è da essere soddisfatti se le vittorie culturali raggiunte finora non sono stato un fenomeno di moda ma è stata resa possibile specialmente dalle tante militanti di associazioni di donne che in questi anni hanno lavorato sulla violenza di genere nella più totale marginalità, proprio fino a riuscire a rendere legittimo l’utilizzo della parola femminicidio – il suo valore concettuale, storico più che giuridico.
Noi maschi, diceva un famoso giornalista, “dovremmo occuparci di più del femminicidio: parlarne, scriverne, domandare, provare a capire. Anche a costo di dire e scrivere leggerezze. È invece un dramma confinato in un universo femminile: ne parlano le donne, ne scrivono le donne, le fotografie sono quasi sempre delle vittime e non dei carnefici. È come se noi uomini volessimo prendere le distanze da qualcosa che non capiamo e di cui abbiamo paura”.
Capita anche a noi divulgatori spesso di scrivere questa specie di articoli che dicono: dovremmo fare questo e quello, nella cultura italiana c’è un gran deficit di questi concetti, perché in Italia nessuno si occupa di genere profondamente. È un primo passo, ma spesso è inutile. Perché resta l’unico.
Gli uomini violenti, queste creature Jekyll-Hyde di cui non possiamo che continuare a stupirci della morale schizoide che ha forse bisogno di essere aiutata dalle istituzioni. L’errore implicito dei media è però lo stesso che fanno i maschi in genere: “che si occupano di questioni di genere come se fossero problemi lontani, remoti”.
Quando uno dice che cosa si può fare contro il femminicidio oggi in Italia, la risposta è laterale e immediata: leggere più libri scritti da donne alle elementari e alle superiori, studiare di più il pensiero femminile alle superiori e all’università. Far sì che per esempio, si possa inserire nei programmi di filosofia, letteratura, storia delle superiori una parte significativa dedicata al femminismo storico. Insomma muoversi pensando una politica di lungo periodo, che consideri la donna veramente paritetica ad un’uomo anche e sopratutto nel rispetto della sua integrità.
E adesso il pensiero va a Carla, questa giovane donna, incinta di otto mesi…! vittima di questo uomo che l’ha ridotta in fin di vita, dandole fuoco. Carla è ricoverata al Cardarelli in condizioni gravi, nonostante ciò ha dato alla luce la piccola GiuliaPia.
…Dedicato a Carla e alla piccola GiuliaPia
Alessandro Sicuro