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Solo il 7% dei musei italiani vende i biglietti online

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Il 41% è sui social, ma pochi li sanno usare. Storie dal Paese dell’arte che ancora non sa sfruttare il digitale per valorizzare i propri tesori

Non si può andare a Capri e non visitare la Grotta azzurra. L’anno scorso 238.859 turisti si sono lasciati suggestionare dai riflessi del mare nel tunnel naturale. La Grotta azzurra è “un bene culturale”, si legge sul sito turistico dell’isola di Capri, “si paga come per entrare in un museo”. L’ingresso costa 13 euro. Rigorosamente ed esclusivamente in contanti. Di prenotare e pagare online o attraverso una app non se ne parla.

La Grotta azzurra è tutt’altro che un caso isolato. Solo il 7% dei 4.976 tra musei, aree archeologiche e monumenti italiani ha una biglietteria online. I blockbuster, come il Colosseo, gli scavi di Pompei, gli Uffizi di Firenze e la Venaria reale di Torino (dati del ministero dei Beni culturali, Mibact), si sono organizzati da tempo con la vendite in rete degli ingressi. Per il primo classificato, il Pantheon di Roma, con i suoi 7,3 milioni di turisti, il problema non si pone perché al momento è ancora gratis. Le dolenti noti cominciano quando si inizia a scorrere verso il basso la classifica.

Prendiamo il caso del parco archeologico della Sibaritide, in Calabria.Negli anni Trenta del novecento gli scavi hanno portato alla luce le rovine dell’antica città romana di Copia, sorta sulla polis di Sybaris, la più ricca della Magna Grecia. L’anno scorso circa 13.328 persone, rilevazioni Mibact, hanno messo piede tra le vestigia della colonia romana. Ma gli scavi e il museo che raccoglie i reperti non solo non hanno una biglietteria online, ma nemmeno un sito per farsi conoscere in rete.

             

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