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CASAMICCIOLA 21 AGOSTO 2017, I 14 SECONDI PIU’ LUNGHI DELLA MIA VITA…

Una Lettera ricevuta questa notte. Chi scrive è Sonia, un Architetto che si trovava nell’isola la sera del disastro. Sonia lavora, ironia della sorte, proprio con le apparecchiature di misurazione antisismica. Ma leggete voi stessi questo racconto.

“Ho deciso di andare in vacanza a Ischia, tu certamente sarai al corrente degli avvenimenti accaduti il 21 agosto. Ti racconto come è andata la mia esperienza terrificante di quei 14 secondi indimenticabili.”

Dopo aver cenato al ristorante dell’hotel mi sono seduta nella hall, sulla poltrona a destra del bancone della reception ho inviato un messaggio WhatsApp dal cellulare, alcune persone parlano tra loro davanti a me.. All’improvviso il buio e un colpo fortissimo che proviene dalla piscina termale al piano sotto di noi, tutta la struttura sussulta verso l’alto, (leggevo sul giornale oggi che per una serie di motivi geologici il 3,6-4 di magnitudo di terremoto ha dato la sensazione alle persone di aver sentito una bomba scoppiare sotto il letto) e poi scende, il tutto per la durata di  14 lunghissimi secondi.. Poi il panico più totale, sento le persone nell’hotel urlare intorno a me ma io non riesco a vederle, una polvere densissima riempie l’aria (dopo ho capito che il muro difronte a me era crollato completamente e dei calcinacci erano caduti intorno alla mia poltrona). Afferro la borsetta che avevo al mio fianco sulla poltrona e l’istinto mi fa correre attraverso la hall raggiungendo l’uscita.. 5 metri di distanza che sembrano lunghissimi, col terrore che nel frattempo cedano i solai..Tempo e spazio che si dilatano, il cervello in quei momenti si spegne ma si attiva dentro di noi l’istinto primordiale,  che ci porta tutti a cercare la salvezza fuori dall’hotel.. chi dalle finestre perché le porte nel frattempo si sono bloccate e alcune scale crollate, chi dalla scaletta antincendio.. Fuori la gente si raduna urlando nella piccola stradina tortuosa davanti il cancello (noterò più tardi che i pesanti lampioni in ferro  lavorati artigianalmente sono caduti sulla strada, cerco di spostarne uno su un lato per evitare che qualcuno in mezzo al caos ci inciampi)  noto a quel punto che i tipici muri di contenimento di Ischia sono in parte crollati a terra. Ci raggiunge una giovane donna dai capelli scuri sotto shock dicendoci che il marito stava cercando di fare uscire la mamma dalla loro casa semi crollata, lo stesso edificio di recente costruzione che avevo ammirato per la sua bellezza  (secondo i classici canoni ischitani con i colori chiari, superfici lineari, tetto piano e piccoli sporti costituiti da sole tegole) poche ore prima; mi racconta di essere di origine emiliana e di aver già vissuto la stessa tremenda esperienza.. la abbraccio forte e cerco di incoraggiarla dicendole che sarebbe andato tutto bene, fino a quando arriva il marito che la avvisa che è riuscito a liberare la mamma e si abbracciano  uno con l’altra per lo scampato pericolo.

Tra la gente sulla strada ci sono i primi svenimenti e le crisi di panico; poi ci portano le prime bottiglie d’acqua,  cerchiamo di farci coraggio tra noi e di riprenderci dall’enorme paura. Ho modo così di guardare con occhio lucido quello che resta dell’hotel, visto che nel frattempo l’energia elettrica era tornata.. I risultati di un terremoto, che fin’ora avevo studiato all’Università o al corso di aggiornamento dell’Ordine degli Architetti per la verifica sismica degli edifici, si materializzano all’improvviso davanti ai miei occhi nel modo più imprevisto; diverse pareti sono crollate, i pilastri mostrano i ferri delle armature, le fessure lungo i giunti delle strutture sono larghe come una mano.. Percepisco comunque da una prima velocissima diagnosi (è quello che faccio tra l’altro ogni giorno come lavoro, le diagnosi sugli edifici) che la struttura principale  ha retto e io, sperando che non arrivi una nuova scossa, ne approfitto per rientrare per pochi istanti nella hall per cercare il mio telefonino, che durante il sisma era stato sbalzato chissà dove..Il primo pensiero quando ero in strada era stato infatti per le persone a casa che non potevo avvisare (purtroppo ormai non ci ricordiamo i lunghi numeri dei cellulari e quelli fissi sono sempre di meno..). Mi rendo conto quindi che intorno a me ci sono solo calcinacci e cerco invano il telefonino aldisotto; per poco perché poi logicamente il personale dell’hotel mi chiede di uscire e tutte le persone vengono condotte in un luogo predisposto ad evenienze simili, cioè in un campetto da calcio poco più in basso, visto che le stradine principali era bloccate dai crolli degli edifici vicini.

Passiamo così alla luce dei telefonini dietro all’hotel lungo uno stretto percorso privato che hanno appena riaperto, in mezzo ai calcinacci; posso così vedere che il lettino dove stavo stesa poche ore prima intorno alla piscina termale esterna è ricoperto dalle macerie…Arrivati al piccolo campo da calcio, circondato solo da degli alberi, veniamo a sapere che nella casa che avevo notato lungo il percorso perchè una macchina era rimasta schiacciata dal crollo di parte dell’edificio sono rimaste dentro 5 persone, i due genitori e 3 bambini, tra le urla dei primi soccorritori (i vicini di casa). Preoccupati per la sorte della famiglia   ci predisponiamo con sgomento a trascorrere le ore seguenti in attesa dell’arrivo degli aiuti della protezione civile (arriveranno alle 6 della mattina); ad un certo punto tra clienti dell’hotel e abitanti delle case inagibili vicine arriviamo ad essere circa una trentina di persone che si guardano sgomenti e cercano di stringersi uno all’altro..Quando il personale dell’hotel ci porta gli accappatoio e le coperte (alcuni erano ancora in costume perché al momento del sisma erano appena  tornati dalla giornata al mare)  ci stendiamo sul fondo per fortuna sintetico del campo da calcio, mettiamo al centro i 3 bambini presenti (facevano parte di due famiglie del posto) per proteggerli dal freddo e dall’umido della notte e intorno le donne , disposte schiena a schiena, mentre gli uomini andavano a turno a dare una mano per liberare la famiglia dalle macerie.. Lungo il passare delle ore sentiamo arrivare i vigili del fuoco e l’ambulanza  alla casa crollata; inizia così una lunghissima notte scandita dal rumore del martello demolitore, dalle seghe circolari, dai crepitii dei muri che crollavano e dal latrare impazzito dei cani che echeggiava da una parte all’altra della valle..Finalmente due applausi ripetuti ad una certa distanza ci fanno capire che sono state portate alla luce due persone; sollevati in parte dalla cosa buona parte del gruppo inizia a dormire, stremato ormai dalla tensione. Io invece non riesco a prendere sonno, continuando a pensare a tutto quello che era successo, a come la vita possa cambiare in pochi istanti e a quello che mi aveva chiesto poche ore prima la ragazza di origine emiliana; “è un incubo? dimmi che è un incubo” .. con la paura dell’arrivo delle scosse di assestamento e quella di una fuga di gas dalle tubazioni danneggiate (poco prima una voce incontrollata aveva scatenato il panico e una ragazza si era slogata una caviglia). Guardo le stelle nel cielo e ne osservo una più luminosa delle altre immaginando che sia mio papà che mi guarda da lassù e cerca di mandarmi il suo incoraggiamento..

Verso le due di notte sento una gran calma scendere dentro di me e qualcosa che mi spinge ad alzarmi, a mettermi i sandali e ad andare verso la casa crollata che si trovava oltre gli alberi, nonostante ci avessero avvisati già 4 ore prima che non potevamo avvicinarci per non intralciare le operazioni di soccorso. Esco dal campetto da calcio, circondo gli alberi e mi avvio lungo la stradina fino ad arrivare nel piazzale dove le luci molto intense dei fari installati dai vigili del fuoco all’improvviso mi accecano, i rumori delle mototroncatrici sono sempre più forti; ad un certo punto mi rendo conto che sopra al tetto pericolosamente inclinato di quella che poche ore prima era una casa stanno lavorando affannosamente circa una quindicina di uomini, tutti in divisa ma con colori diversi. I pochi istanti che ho guardato in alto mi hanno permesso di distinguere vigili del fuoco, polizia e guardia di finanza ma subito dopo la mia attenzione è stata attirata da una ragazza con i capelli scuri e raccolti sulla nuca che stava da sola, seduta su una sedia di plastica e con una coperta sulle spalle, guardando sotto shock le operazioni di salvataggio. Mi avvicino di qualche passo e la accarezzo su una guancia, chiedendole se potevo fare qualcosa per aiutarla; lei mi risponde, facendo cenno alla casa, che sotto a quelle macerie c’erano i suoi 3 figli, Pasquale di 7 mesi, Mattias di 7 anni e Ciro di 11..Mi rendo  subito conto della tragedia che stava vivendo e mi siedo su una sedia vicino a lei; Alessia mi spiega tra i singhiozzi che il marito Alessandro era stato da poco portato in ospedale dopo che era stato liberato dalla loro macchina che era stata schiacciata con i primi cedimenti dell’edificio, di essere al sesto mese di gravidanza e che al momento del sisma era stata bloccata in cucina, da dove ne era uscita spingendo la porta a calci, graffiandosi le gambe.. Inizio ad abbracciarla, le accarezzo il volto e la testa..Iniziano così le due ore e mezza più angoscianti della mia vita, durante le quali i minuti sembrano ore, trascorse guardando in alternanza i soccorritori che si muovono sulla sommità delle macerie, in una situazione di estremo pericolo soprattutto nel caso di una seconda scossa, e Alessia che continuava ad invocare i suoi 3 bambini in uno stato di forte prostrazione, mentre le faccio bere dell’acqua, le dico di stare tranquilla che andrà tutto bene, che deve pensare anche alla salute della piccola Rosalia che deve nascere tra pochi mesi e le massaggio le mani per riattivarle la circolazione del sangue.

Nei momenti più difficili in cui non ci sono notizie dai soccorritori lei si accascia sulla sedia dicendo di non riuscire più a farcela e io cerco di incoraggiarla dicendole che i vigili del fuoco italiani sono riconosciuti tra i migliori al mondo e che la Madonna di Monte Berico (da buona vicentina) avrebbe fatto in modo che loro salvassero i suoi figli. Durante quelle ore che sembrava non passassero più le ho ripetuto così più volte, quasi fosse un mantra, che Lei li avrebbe tirati fuori dal quel cumulo di macerie sani e salvi, perché la Madonna di Monte Berico ha fatto tanti miracoli e il Santuario è pieno di ex voto talmente tanti ne ha fatti..Alessia mi dice la prima volta di essere atea ma che voleva crederci anche lei ed è stato così che abbiamo pregato insieme, con le teste appoggiate una all’altra ma guardando sempre verso l’alto, con la speranza che arrivassero da lì buone notizie. Quando verso le 4 ho visto una barella arancione arrivare in alto ho capito che qualcosa si stava muovendo sul serio e ho detto ad Alessia che quella era la volta buona;  in effetti dopo circa 20 minuti delle urla di gioia hanno accompagnato l’uscita di Pasqualino dal buco che era stato creato dai vigili del fuoco tra le macerie; in quel momento Alessia si è alzata dalla sedia anche se stava in piedi con difficoltà e con la sorella (nel frattempo era stata raggiunta dai genitori, dalla sorella e dalla cugina che abitavano da un’altra parte dell’isola e con grande difficoltà erano riusciti a raggiungere la zona rossa) l’ho sostenuta fino a quando ha raggiunto una scala in legno messa dai soccorritori  per superare il dislivello tra piazzale e tetto per avvicinarsi il più possibile a suo figlio. In quel momento ho salutato sua mamma e sua sorella che mi hanno ringraziato prima di raggiungere anche loro il piccolo, mentre io mi sono diretta verso il campo da calcio, dove nel frattempo il personale dell’hotel (in particolare il titolare e suo figlio che prima di partire dall’isola ho ringraziato molto anche per l’assistenza prodigataci durante tutta la notte) aveva rintracciato in mezzo alle macerie il mio cellulare e così ho potuto finalmente chiamare i miei famigliari.

Alessia dal quel momento non l’ho più vista ma ancora adesso ogni volta che guardo in tv le immagini di quando hanno tirato fuori dalle macerie i suoi bambini (l’ultimo, Ciro, a 16 ore dal crollo, mentre io stavo tornando a Vicenza in treno) non riesco a fare a meno di piangere dalla commozione, ricordando quelle ore terribili trascorse nella parte alta di Casamicciola.. Forse, come mi ha detto questa mattina Padre Carlo dell’Ordine dei Servi di Maria del Santuario di Monte Berico, dove sono andata per ringraziare la Madonna, c’era un motivo preciso per cui mi sono trovata lassù in quel preciso momento e che questo faceva parte di una tela tessuta molto più in alto..In ogni caso mi sento una miracolata, come tante altre persone che come me hanno vissuto quella notte di paura, per essere uscita sana e salva, senza un graffio, da una situazione di così estremo pericolo e penso spesso a chi è rimasto là,  con le case frutto dei sacrifici di una vita diventate macerie e le macchine distrutte, come la famiglia  La Scala (è l’unico nome che ricordo perché semplice, il trauma ha cancellato tutti gli altri)  che mi ha raccontato di aver finito da poco di pagare la cucina nuova (della quale non resta più nulla) e che ha un figlio simpaticissimo di circa 5 anni, che ha tenuto stretto a  sé tutta la notte per farsi coraggio il suo peluche con il Leone Simba .. e poi la famiglia con il bambino nato solo una settimana fa e quella con i due maschietti tra i 6 e i 7 anni che hanno dormito sulle gambe della mamma. Penso al terrore che ho visto nei loro occhi che era di riflesso quello che hanno visto nei miei e spero tanto che qualcuno possa fare qualcosa per loro, come per la numerosa famiglia di Alessandro e Alessia, e che possa soprattutto far tornare in quegli occhi un po’ di speranza nel futuro; perché spero in fondo al cuore che la Madonna di Monte Berico faccia un altro miracolo e trasformi la generosità di alcune persone in qualcosa di bello e splendente, come la sua corona, in azioni concrete di solidarietà nei confronti di queste persone così duramente colpite da un terremoto durato 14 secondi..i 14 secondi più lunghi della mia vita.

 

Sonia

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