In questo senso sembra particolarmente appropriata la partnership con Lyst, portale di riferimento per il settore della moda dall’alto dei suoi 100 milioni di utenti annuali, cui garantisce l’accesso a oltre 8 milioni di prodotti.
L’analisi punta i riflettori in modo particolare sui mercati dell’Europa meridionale, specificatamente su Italia, Portogallo e Spagna, tre Paesi assai diversi e caratterizzati ciascuno da un rapporto a sé con l’universo modaiolo, ma che risultano decisivi tanto nelle dinamiche del luxury, quanto in quelle dello streetwear.
Emerge chiaramente come sia sempre più labile e incerta la distinzione tra lusso e moda street che, anzi, tendono a ibridarsi, in nome di una contaminazione che influisce notevolmente sul fashion system.
La Couverture Firenze ® Paris
Sono stati raccolti i feedback di un’importante audience di insider e appassionati del settore che hanno potuto scegliere tra 40 brand in totale, all’interno di una lista eterogenea che spaziava dalle maison più blasonate (Hermès, Vuitton, Gucci, Valentino, eccetera) ai giganti dello sport, Nike e Adidas su tutti, passando per label che hanno di fatto codificato lo streetwear (vedi Supreme o Palace), designer d’avanguardia come Raf Simons, Rick Owens e JW Anderson.
I nomi dell’elenco potevano essere classificati sulla base di quattro coordinate specifiche – vale a dire luxury, streetwear, hype e heritage – utilizzando Cartesio, piattaforma digitale interattiva in cui ogni user aveva la possibilità di crearsi una mappa che rispecchiasse appieno la sua visione in materia di label.
L’analisi delle mappe, insieme ai dati forniti da Lyst e alle considerazioni espresse da diversi addetti ai lavori tra buyer, editor, docenti e altri professionisti della moda, evidenzia come, a livello di singole categorie, Off-White sia il marchio percepito come più hype negli Stati del Sud Europa; Hermès primeggia in termini sia di luxury sia di heritage, mentre il nome che viene percepito come maggiormente streetwear è Stüssy.
Nella classifica del lusso dopo la maison parigina si sono piazzati al secondo e terzo posto rispettivamente Dior e Valentino. In quella dell’heritage il podio, oltre a Hermès, è occupato ancora da Valentino e Burberry; la percezione dell’hype vede in seconda e terza posizione, nell’ordine, Supreme e Palm Angels; nella graduatoria relativa allo street, infine, Stüssy precede Palace e Nike.
Da segnalare poi come, tra i brand percepiti come più difficili da incasellare in una categoria specifica, il primato spetti a Nike, seguito a stretto giro da Off-White e Supreme, e ancora che la top 3 dei più usati (e dunque, in qualche misura, conosciuti) è composta dal trio Nike-Dior-Gucci.
Scorrendo le classifiche appare chiaro che, al giorno d’oggi, a determinare il prestigio, la desiderabilità, la rilevanza tout court di qualsiasi griffe non sono solamente la qualità dei capi o una storia ultradecennale, ma soprattutto fattori quali la comunicazione su Instagram e TikTok, l’immaginario veicolato sul web dall’azienda e l’engagement dei follower.
Per questo lo studio esplora gli elementi che sono destinati in futuro a influenzarne in modo cruciale la percezione, ossia i nuovi prodotti online, la social responsibility, il primato del focus locale su quello globale, l’equilibrio tra fisico e digitale.
Nel commentare il report, il ceo di Lyst Chris Morton sottolinea come la collaborazione con Nss «regali a tutti gli appassionati una voce nella costruzione della moda del futuro», augurandosi inoltre che «aiuti sia i consumatori che i player dell’industria a riflettere su cosa sia oggi il lusso».
Dal canto suo Walter D’Aprile, co-fondatore e ceo di Nss Factory, precisa: «I confini non esistono più e la contaminazione ha generato nuovi spazi che devono essere più inclusivi, più sostenibili e meno legati a definizioni ed etichette. Il focus non è più sul prodotto, ma su una visione che includa street culture e fast market. La percezione dei brand è influenzata da inediti punti di riferimento, dall’archivio a un nuovo e più sostenibile luxury, che possa durare a lungo».