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CIRCULAR FASHION: IL COVID, UN ACCELERATORE DELLA TRASFORMAZIONE

  

    

Nonostante la filiera della moda risulti una delle più colpite dalla pandemia, le aziende hanno incrementato gli investimenti in sostenibilità e hanno fissato ulteriori obiettivi, come emerge dal recente Monitor for Circular Fashion 2021.

Si tratta di un progetto di ricerca pluriennale e multi-stakeholder che vede il contributo scientifico del think tank Sustainability Lab Sda Bocconi e di Enel X, società del Gruppo Enel specializzata in prodotti e servizi focalizzati sulla trasformazione energetica. Tra le aziende coinvolte spiccano nomi come Candiani DenimOvsRadici GroupSave the DuckVibramVitale Barberis Canonico Vivienne Westwood, per citarne alcuni, oltre a provider di tecnologie tra cui Deda Group e Temera.

L’analisi di questa prima edizione si è basata su un sondaggio a 14 aziende partner rappresentative della filiera (di cui 10 fra marchi, ingredient brand, retailer e quattro fornitori di servizi). Ai provider di servizi è stato chiesto di tenere conto anche dei rispettivi clienti, il che porta a superare le 930 società dell’abbigliamento e calzature rappresentate. Inoltre, il report tiene include i commenti di un comitato Kpi, di cui fanno parte società di consulenza come Pwc e Bip.

Nessuna azienda tra le interpellateha dichiarato di avere diminuito gli investimenti in sostenibilità e il Covid si è rivelato un acceleratore della trasformazione del business della moda in ottica sostenibile e circolare. In merito alle attività legate alla circularity (vedi infografica in alto) già intraprese o che potrebbero essere avviate in futuro, le più gettonate risultanti dalle interviste sono il design per la circolarità e la produzione on-demand. Meno diffuse sono invece pratiche più “a valle” come il servizio di riparazione, gli abiti in affitto, il rental & leasing e le vendite second hand.

Poche aziende del panel si occupano di attività post-vendita legate alla circolarità. Le più diffuse riguardano la cura dei capi e la loro conservazione.

La maggior parte degli interpellati dice che sta educando il consumatore finale, fornendo dati sugli impatti dell’industria della moda, mentre i provider di servizi notano che solo il 14% dei loro clienti lo fa.

In merito agli step futuri, spiccano la messa in onda di campagne sensibilizzazione, il coinvolgimento attivo dei consumatori nei processi circolari (come il take back) e il monitoraggio del comportamento degli shopper rispetto all’uso, al mantenimento e allo smaltimento del capo.

I ricercatori di Sda Bocconi hanno anche individuato cinque business model fra le aziende della moda che puntano alla circolarità e ciascuna azienda che ha intenzione di diventare “virtuosa” potrebbe decidere di adottarne più di uno.

Il primo riguarda gli input (materie prime, acqua, energia, per citarne alcuni): le realtà che seguono questo modello adottano i principi dell’eco-design nel selezionare le materie prime e nell’attività manifatturiera, concentrandosi sulla co-creazione e sulla produzione on demand, per ridurre lo spreco di risorse e i consumi.

Altre aziende si focalizzano sull’estensione della vita del prodotto, per esempio con servizi di riparazione e l’implementazione del re-commerce, oppure sul fine vita, preoccupandosi del riciclo o rigenerazione dei capi realizzati e del riciclo dei materiali di scarto (upcycling e downcycling). Ci sono poi modelli di business che si basano sullo sharing, per esempio attraverso piattaforme peer-to-peer, e altri orientati al “product as service”, tramite modelli di lavoro basati sul noleggio e il leasing.

Il report appena pubblicato da Sda Bocconi «rappresenta il primo output di un percorso multi-attoriale avviato all’interno del Monitor – spiega Francesca Romana Rinaldi, lead Monitor for Circular Fashion Sda Bocconi School of Management – dove la collaborazione tra aziende della filiera moda e technology provider consente di affrontare più facilmente le sfide ancora aperte della circolarità, confermate dalla ricerca condotta, come ad esempio i costi elevati, la disponibilità di tecnologie e infrastrutture, gli ostacoli culturali e i gap normativi».

Il Monitor for Circular Fashion si prefigge molteplici obiettivi. Vanno dall’analizzare le evoluzioni del settore e dei principali comparti nel prossimo decennio, all’esame del loro impatto e allineamento con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, fino all’identificazione di indicatori qualitativi e quantitativi della moda circolare e alla realizzazione di un Circular Fashion Manifesto, da presentare alle istituzioni e a summit nazionali e internazionali.

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