L’abbigliamento formale maschile sta vivendo un vero e proprio rinascimento. Dopo diversi anni di predominanza delle felpe e delle sneakers, i capi tradizionali della sartoria stanno facendo un notevole ritorno sul fronte delle vendite. I dati provenienti dall’Osservatorio di Confindustria Moda e dall’istituto di ricerca Sita Ricerca confermano questa tendenza.
Street style al Pitti 104
Nel 2022, nell’ambito della ripresa post-emergenza sanitaria, l’abbigliamento formale maschile ha registrato un aumento del 18% rispetto all’anno precedente, mentre il casualwear ha segnato un incremento dell’8,5%. Nel dettaglio, la camiceria è cresciuta del 9%, le giacche del 17%, gli abiti addirittura del 20% e persino le cravatte, considerate in declino, hanno visto una crescita del 19,6%. Sebbene questi numeri siano ancora inferiori rispetto al 2019, il periodo pre-Covid, il settore dell’abbigliamento maschile sta registrando una crescita più rapida rispetto all’industria tessile-abbigliamento nel suo complesso, che ha segnato un aumento dell’8,2%, grazie soprattutto al rinnovato interesse per lo stile formale.
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Questa tendenza è strettamente legata al desiderio di ritornare alla normalità. Durante il lockdown, con la distanza dai luoghi di lavoro e il rallentamento delle attività quotidiane, è aumentata la ricerca di comfort a discapito dell’abbigliamento da ufficio tradizionale. Tuttavia, con il progressivo ritorno alla normalità, si è creato un nuovo equilibrio tra formale e abbigliamento casual. “Si può affermare con certezza che ‘il formale è il nuovo casual'”, afferma Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine. “Anche tra le nuove generazioni sta prendendo piede il concetto di ‘smartorial’, che riunisce eleganza e comfort. I capi formali stanno tornando in auge, ma rivisitati in chiave moderna, fresca e contemporanea, con una vestibilità più rilassata e oversize, come piace ai giovani. Questa tendenza non è passeggera, ma sarà duratura poiché la moda maschile risponde in modo più lento rispetto a quella femminile”. In questo contesto, il made in Italy ha un ruolo di primo piano: “Il formale è parte della nostra tradizione e sappiamo come raccontarlo. Nelle nostre aziende abbiamo una grande capacità di selezionare materiali di alta qualità, abbinarli e rinnovarli. Oggi il classico non è più una scelta sicura come un tempo, ma rappresenta una sfida di stile, basata su abbinamenti, pesi, dettagli e colori”, spiega il manager.
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Numerosi marchi specializzati nell’abbigliamento formale maschile testimoniano il netto recupero della domanda per il “classico” rivisitato e confermano l’inversione di tendenza. Niccolò Ricci, CEO di Stefano Ricci, afferma che i clienti, dopo due anni di sneakers bianche, t-shirt e jeans, desiderano tornare a indossare giacche, camicie e soprattutto abiti. Attualmente, il segmento formale rappresenta circa il 35% del fatturato dell’azienda, che ha registrato ricavi superiori a 150 milioni di euro nel corso dell’ultimo anno, in linea con il turnover del 2019, anno di punta per il brand. Per il 2023, Stefano Ricci mira a una crescita del 30%.
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Anche Pal Zileri, marchio appartenente alla holding Mayhoola, di proprietà della famiglia reale del Qatar, crede nel potenziale dello shopping online per l’abbigliamento formale. Leo Scordo, CEO del marchio, afferma che l’azienda ha investito significativamente nell’e-commerce, che attualmente rappresenta circa il 5-6% del fatturato complessivo. L’obiettivo è offrire al cliente la stessa selezione di prodotti sia online che nei negozi fisici di proprietà.
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Luigi Lardini, direttore creativo e co-fondatore del marchio omonimo, sottolinea che il formale è stato rivisitato per adattarsi ai tempi attuali. Pur mantenendo un legame con il passato, le giacche devono essere ben fatte per distinguersi. Dal punto di vista dello stile, dopo un periodo in cui le giacche erano più aderenti e corte, si sta tornando agli anni ’90, con un’enfasi maggiore sulla comodità. Nel 2022, Lardini ha registrato un fatturato di circa 70 milioni di euro, e l’obiettivo per il 2023 è superare i 95 milioni, superando così i risultati del 2019.
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