Aprile 24, 2024

ALESSANDRO SICURO COMUNICATION

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Immunità umorale, anticorpi nella popolazione, test sierologici rapidi o PCR

SARS-CoV-2 e COVID-19

“Continua la mia intervista alla Microbiologa, dr. Sandra Mazzoli. L’argomento è il più discusso in questi giorni, l’utilizzo dei test sierologici, per il SARS-CoV-2 e il significato del rilevamento degli anticorpi prodotti contro il virus. I Test rapidi possono essere di ausilio diagnostico per selezionare una popolazione di soggetti positivi o meno, da avviare al test PCR” . A.S.

 

Immunità umorale, anticorpi nella popolazione: cosa sappiamo e a cosa ci serve saperlo, che si puo’ fare.

 di Sandra Mazzoli

Molto è stato fatto per affrontare la nuova emergenza pandemica COVID-19 nella popolazione italiana e dei paesi dove il virus SARS-CoV-2 si è presentato, anche in considerazione del fatto che è passato pochissimo tempo, tre mesi, dalla denuncia all’Organizzazione Mondiale della Sanità dei primi casi alla fine di Dicembre 2019 da parte del Governo cinese.  Mai nessun virus si è cosi velocemente propagato nell’orbe terracqueo.

Poco si sa, ancora, invece, sull’immunità umorale, mediata dagli anticorpi, prodotta negli infetti, nella popolazione degli infetti stessi, nei “contatti” e negli asintomatici e paucisintomatici, sia nelle aree ad alta che a bassa endemia.

La risposta immunitaria contro i microrganismi è complessa, può essere innata (NK cells, monociti, granulociti) e adattiva (linfociti T e B). I linfociti B sono responsabili della formazione di anticorpi che sono di diverse classi: IgM, IgA, IgG nelle infezioni.

Dal Dicembre 2019 sono stati messi a punto vari test diagnostici anche per il rilevamento di anticorpi specifici anti SARS-CoV-2, alcuni dei quali rapidi, di cui si sta parlando molto in questi giorni,   con buona, alcuni ottima,  sensibilità (Capacità di rilevare i positivi) e specificità (Capacità di rilevare i negativi). Questi test sono in grado di rilevare gli anticorpi totali e tutte le singole classi anticorpali specifiche contro SARS-CoV-2, cioè IgG ed IgM ed IgA. Quelli rapidi di solito rilevano IgM ed IgG.

Significato delle classi anticorpali: le IgM sono considerati i primi anticorpi che si formano nella risposta immunitaria e servono a cercare di neutralizzare subito il microrganismo; anche le IgA si formano negli stessi tempi delle IgM, sono prodotte  anche soprattutto nelle secrezioni e sono considerati gli anticorpi di prima linea presenti sulle mucose. Quando persistono per lungo periodo nel sangue sono considerate gli anticorpi che marcano la infezione cronica. Le IgG sono formate più tardi, dal settimo giorno d’infezione in poi e sono presenti nella fase di convalescenza e sono quegli anticorpi che di solito ci aiutano nella guarigione; grazie al fenomeno della memoria immunitaria rappresentano la classe di anticorpi che si forma quando si viene di nuovo a contatto con lo stesso microrganismo o dopo le vaccinazioni, e rappresentano i cosiddetti anticorpi neutralizzanti, ovvero protettivi contro la infezione. Sono responsabili della “immunità di gregge” o meglio di Gruppo o di Comunità.

Ad oggi, su questa infezione da SARS-CoV-2, sono stati pubblicati su riviste internazionali accreditate, solo due lavori scientifici che trattano della presenza anticorpale nella popolazione di pazienti infetti o paucisintomatici in Cina.

La risposta immunitaria umorale è documentata in un primo lavoro di Guo et al., pubblicato su Clinical Infectious Disease il 21 Marzo 2020, che ha studiato 82 casi confermati COVID-19 e 58 probabili casi sospetti con  PCR negativa, ma manifestazioni cliniche tipiche; sono state cercate  tutte e tre le classi anticorpali IgM, IgA ed IgG specifiche . Gli anticorpi della classe IgM, IgA ed IgG erano presenti già ai primi giorni dalla presentazione dei sintomi ed erano già rilevabili dal  quinto giorno di infezione. Nel periodo della fase acuta le IgM e le IgA eramo presenti nell’85,4% e nel 92,7% dei pazienti, rispettivamente, con una loro presenza concomitante già al quinto giorno dall’inizio dei sintomi. Per le IgG il tempo medio di comparsa era al 15° giorno, comparivano in alcuni pazienti già dalla prima settimana ed aumentavano con un incremento di produzione fino al plateu al  21° giorno. Dal momento dell’inizio dei sintomi, la PCR per RNA virale, positiva in più del 90% dei pazienti da 1-3 giorni, al 6° giorno diminuiva all’80% e dopo il 14° giorno scendeva ancora al 50% di positività. La capacita di diagnosticare COVID-19 (detection rate, DT) della PCR era più alto di quello delle IgM specifiche fino al 5° giorno dall’avvento dei sintomi, dopodichè le IgM si dimostravano più efficienti nel dimostrare la infezione recente. Complessivamente, per PCR, il “Detection rate” era del 51,9% mentre se si affiancava anche il test IgM nella diagnostica dei PCR negativi si saliva significativamente al 98,6% DT del rilevamento della infezione.

Anche il lavoro di Zhao e colleghi (Clinical Infectious Diseases, 2020, Marzo 28) su 173 pazienti COVID-19 dimostra che combinare la ricerca degli anticorpi IgG ed IgM, perfino nelle fasi iniziali della infezione, aumentava le possibilità di diagnosi.

Inoltre un alto titolo anticorpale nei pazienti COVID-19 era associato con una peggior classificazione clinica e una malattia quindi più severa.

coronavirus-3275032.660x368Quindi, affiancare il test sierologico per IgM incrementa la capacità di trovare positivi all’inizio della infezione, con una maggiore sensibilità quindi rispetto  al test PCR utilizzato da solo. Questo dato è particolarmente importante negli stadi iniziali della pandemia, e dell’infezione, quando una diagnostica appropriata, capace di rilevare tutti i positivi veri, permette di limitare la diffusione del virus. Ci troviamo proprio in tale momento, attualmente. Anche in presenza di zone  con una meno  ampia diffusione virale sul territorio, utilizzare il test IgM (soprattutto quello rapido), consentirebbe di valutare molto bene i piccoli cluster iniziali di infezione.

La PCR/RNA virale, chiamata impropriamente “Tampone” per la modalità di raccoltastati-uniti-approvano-test-covid-19-capace-restituire-risultati-5-minuti-v3-436550 del materiale  biologico, sebbene con un’alta sensibilità analitica, non rappresenterebbe più il “golden standard” (Wang M. et al; MedRxiv 2020 Feb. 18) poiche’ la reale performance mondiale del test RNA si è dimostrata insoddisfacente. Si deve infatti considerare le molte variabili che accompagnano il test PCR, la cui performance dipende da fattori quali i tipi di campioni biologici, i diversi stadi della infezione, le modalita di raccolta del campione e la qualità e caratteristiche del test usato e di chi lo esegue. Spesso il genoma virale, soprattutto nelle fasi iniziali dell’infezione non è presente in quantità sufficiente al sito di raccolta del campione, oppure è già scomparso dall’alto tratto respiratorio, naso-faringe, e non vengono prelevati campioni profondi, dal basso tratto respiratorio, ad  es. lavaggi alveolari, o dal sangue e dal tratto oro-fecale (tampone anale), materiali biologici dove il virus può esser presente e cercato con i metodi biomolecolari. Un incorretto o mal eseguito campionamento del materiale biologico (tampone naso faringeo), può incidere sul risultato del test che risulterebbe negativo, facendo perdere la finestra temporale della replicazione virale e della conseguente eliminazione del virus nell’ambiente.

Molti pazienti “sospetti” debbono esser testati più volte per molti giorni con campioni multipli prima di confermare la diagnosi. Nel malato COVID-19 si arriva così ad un ritardo della diagnosi precoce ed al susseguente management del paziente con conseguente rischio per la vita, in assenza di idonei trattamenti e di quarantena preventiva (Zhao e colleghi, Clinical Infectious Diseases, 2020, Marzo 28).

Si determina, inoltre, la possibilità da parte del paziente “falso negativo”, o da parte dell’”individuo asintomatico”, sempre PCR negativo, di diventare un super-diffusore virale, un super-spreader, ostacolando gli sforzi del contenimento della infezione.

Inoltre, il test sierologico di facile esecuzione può essere utilizzato anche in aree remote, dove non sia possibile eseguire tests PCR.

E’ importante sottolineare come in tutti e due questi  studi effettuati in Cina, e come già presente in studi sulla SARS dagli anni 2000, in tutti i pazienti si è vista una sieroconversione precoce degli anticorpi IgM, IgA e IgG, cioè alle primissime fasi della infezione sia contro SARS-CoV-1 che SARS-CoV-2. La curva cumulativa di sieroconversione per gli anticorpi totali (IgM,A,G) e per le IgM ha raggiunto il 100% all’incirca ad un mese dall’avvento dei sintomi (Zhao e colleghi, Clinical Infectious Diseases, 2020, Marzo 28). I pazienti critici e quelli non critici non hanno mostrato per i tre markers anticorpali differenze significative. Gli autori anche qui sottolineano come l’uso combinato dei tests RNA  e degli anticorpi abbia aumentato marcatamente la sensibilità della diagnosi patogenetica della COVID-19. Un altro importante punto sottolineato dagli Autori, è che l’aumento della produzione degli anticorpi, durante l’infezione, non sempre coincide con la negativizzazione dell’RNA virale, specialmente nei pazienti più critici, suggerendo l’ipotesi che la produzione di anticorpi non sia sufficiente per eliminare il virus. La quantità degli anticorpi totali prodotti nei pazienti critici è risultata significativamente più elevata che nei pazienti non critici.

Età, sesso e titolo anticorpale totale sono risultati fattori indipendenti associati alla classificazione clinica basata sulla severità.

I dati discussi fino ad ora suggeriscono che combinando l’RNA virale ed i tests anticorpali si aumenta significativamente la sensibilità di rilevare i pazienti COVID-19.

Questi dati indicano i tests sierologici come importante supplemento al RNA virale durante il corso della malattia.

Quando si può allora ipotizzare di testare gli anticorpi? In che settings?

Nel paziente quando si sospetti una COVID-19 e i segni clinici ci sono tutti, ma l’RNA virale è negativo; lì un test positivo per gli anticorpi, soprattutto se presenti IgM od IgA, aumenta la possibilità di fare diagnosi. Inoltre nei pazienti RNA positivi la sieropositività anticorpale indica la presenza d’induzione di anticorpi. Se questi si mantengano nel tempo e siano protettivi questo è tutto da valutare, dal momento che la pandemia è scoppiata da troppo poco tempo. Studi pidemiologici successivi ce lo diranno ed i tests anticorpali sono idonei ad effettuarli.

Nei Contatti sani se in quarantena, qualora risulti un test positivo per anticorpi si dovrebbe monitorare con RNA test frequentemente ed i contatti  dei contatti a loro volta dovrebbero esser monitorati strettamente.

Individui sieropositivi asintomatici si può pensare che siano nella popolazione “diffusori asintomatici”.

Visto che è poco tempo che l’infezione da SARS-CoV-2 si è presentata nella popolazione, la positività anticorpale totale, cioè a tutte le classi anticorpali, secondo alcuni autori, può esser considerata a tutti gli effetti come un marker di avvenuta infezione recente, alla stregua della presenza delle sole IgM. D’altro canto abbiamo visto che tutte e tre le classi anticorpali si presentano precocemente, già, in molti soggetti, ad una settimana  dall’inizio della presentazione dei sintomi.

In alcuni pazienti COVID-19 la quantità di IgG prodotte sembra molto accentuata e la loro produzione non rappresenterebbe una protezione contro il virus ma piuttosto un marker prognostico negativo e di severità dell’infezione.  Infatti è stato proposto (Fu Y. Et al.; Virologica Sinica 2020) che l’aggravamento della malattia correlerebbe con una risposta infiammatoria secondaria che avverrebbe proprio quando si formano gli anticorpi neutralizzanti della classe IgG contro la S protein (Spike protein) virale. Questi non neutralizzerebbero completamente il virus, al contrario, i complessi immuni virus-anticorpo-neutralizzante si attaccherebbero al recettore cellulare per il complemento-FCR sulla cellula, determinando aumento della risposta infiammatoria e della infezione virale cellulare, con conseguente ulteriore danno polmonare, come provato per la SARS ( Liu L. et Al.; 2019).

Comunque, i test di sierologia che evidenzino anticorpi specifici anti SARS-CoV-2 hanno un valore diagnostico importante che ci permetterebbe ora, in questo momento iniziale dell’epidemia pandemica

  • di identificare ulteriori pazienti positivi per COVID-19;
  • di riconoscere i pazienti a rischio di infezione severa;
  • di migliorare il loro management clinico,
  • di monitorare l’efficacia delle terapie;
  • di seguire i “contatti” sintomatici ed asintomatici,
  • di identificare gli “spreader” asintomatici, cosi importanti nella diffusione del virus nella popolazione;
  • di seguire i guariti e valutare la presenza di una immunità da “ricaduta” o da “reinfezione” eventualmente permanente;
  • di valutare la prevalenza del virus nella popolazione od in gruppi di soggetti a rischio,
  • di scegliere sempre migliori tecniche diagnostiche sulla base della prevalenza del virus nella popolazione
  • di attuare misure preventive e di contenimento mirate.

Infine i tests sierologici rappresenteranno un test di sicuro riferimento per valutare la presenza nella popolazione di anticorpi protettivi dopo vaccinazione.

In parole povere comunque, al momento, avere anticorpi positivi nei tests sierologici potrebbe non significare che si è superata la fase infettante dell’infezione e neppure che si è protetti.

Saranno necessari studi per capire se gli anticorpi prodotti dopo l’infezione sono neutralizzanti il virus e stabili nel tempo cioè protettivi.

Si intravede proprio in questi giorni la possibilità di effettuare test rapidi IgM ed IgG, disponibili in laboratori accreditati ed acquistabili anche da privati. Ovviamente test sicuri e validati.

Personalmente, per le ragioni espresse fin quì, essendo noi tutti in una situazione di emergenza, ritengo importante farli e ripeterli dopo 15-20 giorni, per capire quanti di noi hanno l’infezione in atto o/e sono diffusori inconsci del virus, in modo da provvedere ad un più stretto contenimento ed alla possibilità di effettuare anche il rilevamento dell’RNA virale. Qualora questo si evidenziasse positivo, permetterebbe di sottoporsi anche a un corretto follow-up clinico e diagnostico.

Il tutto nell’ottica del contenimento di un’infezione nuova, pandemica e letale.

 

Sandra Mazzoli

 

 

Alessandro Sicuro

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