La reazione di ieri 15-ott-2016 di Andrea Scanzi, “alla quale mi associo”, alle affermazioni di Baricco e di tutto quel mondo di esegeti dell’accademismo fighetto-polveroso-stizzito, sul Nobel a Bob Dylan mi ha fatto riflettere sul valore di questo moderno poeta con la chitarra.
Interessante poi la discussione, su cosa sia la letteratura, e la differenza che passa tra chi crea dischi, brani e testi o scrive libri da parte di chi non compra e non conosce entrambi…
Ecco il pezzo estratto dall’articolo di Andrea Scanzi:
“Alessandro, ho letto ogni tuo libro e non apparterrò mai ai tuoi detrattori per professione. Sai scrivere e hai firmato bei libri. Soprattutto quando, oltre a specchiarti, avevi anche una passione reale. Chi ti odia non ti ha mai letto e si è comprensibilmente fermato alla tua antipatia, che coltivi da sempre con misteriosa civetteria. Quando parli di politica hai la lucidità di un Gennaro Migliore alla moda, ma chi se ne frega. Ognuno è libero di prendere le cantonate che vuole, o quelle che più gli convengono.
Ciò detto, e vale per quasi tutti (quindi prendila con filosofia), c’è più letteratura in quel pezzo – o in altri 117 brani di Dylan –che in tutte le tue pagine. Per una volta, e lasciatelo dire da un narciso come te, guarda oltre il tuo ombelico ferito e impara dalla reazione di Don DeLillo: “Dylan lo merita. È un grande artista e ha raccontato il suo tempo come pochi altri”. Game, set and match. E lo ha detto De Lillo, mica il primo Scanzi che passa. Con affetto.” Andrea Scanzi
Nel 2006 ho letto un libro di un autore che io considero molto interessante, Nicola Menicacci. Secondo Menicacci ogni gruppo di canzoni del cantautore americano propone enigmi, ed eventuali ipotesi solutive, di non comune spessore o sfaccettatura”. Madonna del libro, Madonna della melagrana, La Vergine delle rocce, I pastori d’Arcadia… “Inside the Museums infinity goes up on trial” diceva Bob Dylan a cavallo tra il 1965 e il 1966, in Visions of Johanna.
Pochi versi più sotto, citando quello che è forse il quadro più famoso di tutti i tempi, si legge: “But Mona Lisa musta had the highway blues You can tell by the way that she smiles “…
La domanda è la seguente: era Bob Dylan a conoscenza dei messaggi cifrati che si nascondevano dietro numerose opere di Leonardo da Vinci e Botticelli? La risposta è: sì. O meglio: quasi sicuramente sì. Nel corso di oltre quaranta anni di attività creativa, Dylan ha disseminato (con lo stesso stile templare) indizi che rivelano una conoscenza di tipo esoterico, un sapere iniziatico.
Nel 2006 Nicola Menicacci, pubblicò questo libro su “Bob Dylan – intitolato L’ultimo cavaliere ” si presentava apparentemente come un normalissimo saggio su uno dei personaggi più emblematici della musica leggera contemporanea. Tuttavia il libro non è un’opera di consumo ad uso dei fan del grande cantautore americano, rappresenta qualcosa di sostanzialmente diverso per le tesi sorprendenti e spaesanti che avanza. Innanzitutto con la convinzione che i “pezzi” pop di Dylan non siano solo canzonette, ma le tessere di un grandioso mosaico esoterico, o , per essere più precisi, gli elementi criptati di un misterioso codice. Codice che, parafrasando il titolo di un noto best-seller (C.D.V.), potremmo battezzare Codice Zimmermann – vero cognome anagrafico dell’autore di Like a rolling stone e altri assoluti capolavori musicali.
Il “Codice Zimmermann” racchiude molti misteri che Menicacci riesce a riportare alla luce, ricorrendo ad una straordinaria capacità di indagare i complessi motivi-guida del Mondo della Tradizione ripresi nei testi delle canzoni dylaniane. Il repertorio simbolico utilizzato da Bob Dylan è rivelato al lettore grazie alla sapiente individuazione delle sue fonti, dai Tarocchi alla Bibbia, dalla mitologia massonico-templare a grandi opere della letteratura universale, come Il Paradiso Perduto di John Milton o la Divina Commedia dantesca.
Il metodo ermeneutico originalmente messo a punto da Nicola Menicacci smaschera gli archetipi eterni occultati nei testi di canzoni ambientate in scenari moderni o addirittura postmoderni, come ad es. Street Legal o la profetica Changing of the Guard (lett. “cambio della guardia”), che sviluppa tematiche di carattere apocalittico e metafisico. L’analisi di Menicacci rivela antichi complessi mitico-rituali e archetipici direttamente riconducibili alla spiritualità iniziatica ed alle sue prospettive sapienziali.
Particolarmente interessante è la parte del libro dedicata a ricostruire il periodo della momentanea conversione di Bob Dylan, che era di origine ebraica, al Cristianesimo. Negli anni di accostamento al messaggio di Gesù Cristo (1979/1981) Dylan sviluppò una sua personale riformulazione del Cristianesimo esoterico.
Menicacci chiarisce l’autonomia del cantautore statunitense rispetto all’ortodossia cattolica o protestante, in quanto i riferimenti testuali rinviano chiaramente e coerentemente ai luoghi della spiritualità gnostico-cristiana collegata all’Ordine dei Templari, da Rennes-Le-Chateau al Midi francese, dalla Bretagna all’Inghilterra, etc… Nella stravagante visione esoterica di Dylan confluiscono poi molti elementi ebraici, relativi alla sua cultura di appartenenza, e pagani, soprattutto nel senso di quel peculiare paganesimo misterico rappresentato dalla religione egizia, presente esplicitamente nella canzone Is is e altrove.
Un altro significativo aspetto sottolineato da Menicacci è l’uso di oggetti o mezzi della modernità in chiave simbolica. E’ questo il caso DI Slow Train, dove il treno lento è metafora attualissima di un viaggio iniziatico ai confini dell’Ignoto, avente come fine l’oltrepassamento dei limiti connessi alla nostra natura “umana, troppo umana”, verso un’autentica presa di coscienza spirituale…
Alessandro Sicuro
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