Befanini
Befanini
Partiamo da questi soffici biscotti il cui nome parla chiaro, i befanini. Diffusi nelle zone della Versilia e della Lucchesia, sono i tradizionali biscotti dell’Epifania. Vengono preparati il 5 gennaio e servono a riempire dei canestri che saranno messi sul camino, al posto della classica calza della Befana. Benché oggi siano stati sostituiti in parte da dolci più industriali, questa tradizione rimane viva nella zona intorno a Lucca. La ricetta prevede farina, zucchero, burro, uova, lievito, latte, scorza d’arancia, un pizzico di sale e un bicchierino di rum. Per decorarli si usano i confettini colorati che si trovano in qualsiasi negozio per pasticceria.
Biscotti di Panicaglia
Panicaglia è una frazione di Borgo San Lorenzo, comune della città metropolitana di Firenze. Pare che qui ci fosse un forno dal nome non ben precisato che inventò questa ricetta priva di grassi animali, che oggi potremmo definire “vegan”. Per prepararli servono fecola e farina in parti uguali, zucchero, scorza di limone grattugiata, 2 bicchieri d’acqua oppure 12 cucchiai di olio d’oliva, una presa per dolci. Si impastano tutti gli ingredienti e si formano dei filoni da infornare per dieci minuti. Una volta trascorso questo tempo si sfornano i filoni e si tagliano in tante piccole parti che verranno infornati nuovamente per altri 10 minuti.
Brigidini di Lamporecchio
Brigidini di Lamporecchio
i brigidini sono biscotti molto sottili, simili a sfoglie, tipici di Lamporecchio in provincia di Pistoia. La storia di questi dolci è particolare: si dice che alcune monache seguaci di Santa Brigida arricchirono la preparazione delle ostie aggiungendo zucchero, uova ed anice per concedersi un piccolo peccato di gola. La ricetta prevede farina 00, zucchero, uova, un pizzico di sale, un cucchiaio di semi di anice e, a piacere, una stecca di vaniglia. La tradizione li vuole cotti sulla brace, con stampi di ferro chiamate schiacce, sulle quali venivano poste delle piccole palline di pasta da pressare e poi rimettere sul fuoco per qualche minuto. Una volta preparati venivano affidati ai brigidinai che li portavano nei paesi limitrofi. Ancora oggi alle feste popolari e alle fiere i brigidini sono i protagonisti della gran parte di stand e bancarelle.
Brutti ma buoni
Brutti ma buoni
La paternità dei brutti ma buoni è rivendicata sia da Pistoia che da Lucca. In realtà l’origine della ricetta è legata al Piemonte e, in particolare, ai pasticceri sabaudi. Quando nel neonato Regno d’Italia la Capitale fu spostata da Torino a Firenze per paura dell’invasione austriaca (1864), i pasticceri della corte invasero la Toscana, diffondendo questa ricetta un po’ ovunque. A Prato furono associati ai già celebri cantucci, creando un’accoppiata che poi diventerà classica. La preparazione dei brutti ma buoni è molto semplice – nocciole, mandorle, albumi e zucchero a velo – ma un po’ lunga perché l’impasto ha bisogno di riposare per ben 8 ore.
Cantucci
Cantucci e Biscotti di Prato
Un“biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”, è questa la definizione che nel 1691 l’Accademia della Crusca dà dei cantucci, probabilmente i biscotti più famosi della Toscana. Qui però si apre una diatriba: cantucci e biscotti di Prato sono la stessa cosa? Tempo fa abbiamo provato a chiarire la questione, anche grazie all’aiuto di Francesco Pandolfini, erede di una famiglia di pasticceri pratesi. La risposta all’annosa questione è no, non sono la stessa cosa, benché siano prodotti molto simili fra loro. Il biscotto di Prato è fatto con una ricetta più “basica” – farina, zucchero, uova, mandorle e pinoli – senza l’aggiunta di lieviti o aromi, mentre il cantuccio è più ricco.
Un fatto è certo: la prima ricetta documentata dei cantucci, tuttora conservata nell’archivio di Stato di Prato, è contenuta in un manoscritto di Amadio Baldanzi, un intellettuale pratese del XVIII secolo. Ma è nel XIX secolo che viene messa a punto la ricetta che oggi consideriamo tradizionale, grazie al pasticcere pratese Antonio Mattei, chiamato “Il mattonella”.
Sia i cantucci che i biscotti di Prato, dolci dalla consistenza particolarmente tenace, si mangiano bagnati nel Vin santo, tipico vino da dessert toscano. I cantucci sono diffusi anche in Umbria e Lazio dove però vengono chiamati tozzetti.
Cavallucci di Siena e berriquocoli
Due tipologie di biscotti molto simili, legati alla città di Siena. Partiamo dai cavallucci, i più semplici: dolcetti dalla forma irregolare spolverati di zucchero a velo, tipici del periodo natalizio. Il nome deriva dall’usanza delle stazioni di posta di metterli a disposizione sia degli addetti al cambio dei cavalli che dei corrieri, che li mangiavano durante la pausa inzuppandoli nel vino. La ricetta del grande esperto di cucina senese Giovanni Righi Parenti ne La cucina toscana prevede farina 00, zucchero, miele, scorza d’arancia candita, semi di anice o di coriandolo in polvere e un pizzico di carbonato d’ammonio.
chiamati anche bericuocoli eberriquoccoli, sono una variante dei cavallucci, anche se non è ben chiaro quale delle due ricette sia nata prima: entrambe erano già diffuse ai tempi di Lorenzo Il Magnifico. Rispetto ai cavallucci, la ricetta dei berriquoli vuole l’aggiunta del cedro candito e delle noci tritate, cosa che rende il gusto del dolce più intenso e aromatico.
Necci della Garfagnana
In Garfagnana, un’area della provincia di Lucca tra le Alpi Apuane e la catena principale dell’Appennino tosco emiliano, neccio vuol dire castagna. Molto diffuse in zona, dalle castagne secche si ricava una farina, qui chiamata farina di neccio, spesso utilizzata nella produzione dolciaria e protetta dalla denominazione d’origine. Il nome neccio indica dunque sia la castagna in sé che questi tradizionali biscotti fatti con la farina ottenuta dalla lavorazione del frutto. I necci della Garfagnana sono delle cialde sottili e morbide, chiuse a mo’ di cannolo siciliano, da riempire con della freschissima ricotta di mucca. Per la cialda servono farina di castagne fresca, olio extravergine d’oliva, acqua, burro e sale, mentre per il ripieno ricotta di mucca, canditi e zucchero.
Ricciarelli di Siena
Ricciarelli di Siena
Quella dei ricciarelli di Siena è una ricetta che parla di viaggi e commistioni culturali. Secondo una tradizione la loro nascita si deve a Ricciardetto della Gherardesca, condottiero crociato, che riprodusse in Toscana una ricetta molto diffusa in Oriente. Li fece preparare nel suo castello vicino Volterra definendo non solo dosi e proporzioni ma anche la forma dei biscotti, che gli ricordava le babbucce dei Sultani conosciuti durante i suoi viaggi. Sono biscotti morbidi, preparati con pasta di mandorle, farina 00, canditi, zucchero a velo. L’impasto deve riposare per due giorni prima di essere infornato. La tradizione vuole che si mangino per le feste natalizie, ma ormai si producono durante tutto l’anno. Dei ricciarelli esiste anche una variante ricoperta di cioccolata, chiamati ricciarelli rozzi.
La ricetta dei Biscotti di Prato
ingredienti:
1 kg di farina
900 g di zucchero
500 g di mandorle
100 g di pinoli della Versilia
6 uova intere
6 rossi d’uovo
scorza di limone grattugiata
1 baccello di vaniglia
procedimento:
Formare una fontana con la farina e mettere lo zucchero al centro. Aggiungere la scorza di limone, la vaniglia, le uova intere e i tuorli, lasciandone una parte per la spennellatura. Impastare gli ingredienti al centro senza incorporare troppa farina. Aggiungere pinoli e mandorle, impastando con tutta la farina. L’impasto deve risultare morbido.
Formare dei filoncini da 4-5 centimetri di lunghezza dalla forma tondeggiante. Metterli in una teglia e spennellarli con l’uovo rimasto. Cuocerli in forno a 210 gradi per 15 minuti.
Una volta cotti, tirare fuori dal forno i filoncini e lasciarli riposare per 20 minuti. Tagliarli a fette oblique e farli riposare ancora. Servirli insieme al Vin santo.
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