Piu’ che un terremoto sembra quasi una “Tempesta perfetta”…
quella che si profila per la politica, partitica di vecchio stile. é iniziata a sud ma PROSEGUIRÀ al nord, in sicilia in occasione delle regionali la prima verifica dei nuovi movimenti. renzi ancora in odor di primarie indubbiamente rafforza l’idea di una sinistra che accenna al rinnovo almeno non lo soffoca nel nascere. Grillo e il movimento stravince, primo in sicilia a pari merito col “movimento astensionisti”, questi ultimi tutti alla finestra ad osservare come si comporteranno: il governo, i grillini, gli elettorati del nord e gli eventuali nuovi scandali per decidere chi votare nelle prossime nazionali in aprile. La vecchia politica? un mondo finito ormai ! chi ancora non l’ha capito deve essere curato.
Alessandro Sicuro
l’articolo di Giovanni Cocconi di Europaquotidiano.it
Il terremoto che sta arrivando
Il «terremoto» siciliano non è stato niente. L’election day di fine gennaio (o febbraio) porterà al voto due tra le più importanti regioni italiane, Lombardia e Lazio, oltre al Molise, quindici milioni di cittadini, con un effetto traino sulle elezioni nazionali ancora più dirompente. Anzi, si può già dire che il voto di aprile sarà deciso con tre mesi di anticipo.
Il Pd fa bene a festeggiare la vittoria di Rosario Crocetta, la prima volta del centrosinistra al governo della regione. Ma quello non è stato l’unico segnale arrivato dal voto siciliano, nemmeno quello prevalente, viste le divisioni nella destra. Secondo tutti gli analisti l’astensione record e il boom del Movimento 5 stelle rappresentano due facce di un fenomeno potenzialmente dirompente che sta cambiando il rapporto tra cittadini e politica, tra elettori e partiti. Qualcuno già parla di Terza repubblica ma non si esagera se si pensa all’inizio di un nuovo ciclo politico-elettorale, vent’anni esatti dopo Tangentopoli. L’analisi dei flussi elettorali siciliani, proposta oggi da Paolo Natale su Europa, conferma che il Pd non può considerarsi al sicuro, che il partito del non-voto e il movimento di Grillo minacciano potenzialmente anche un partito che, nei sondaggi, sull’onda delle primarie, tocca quota 30 per cento. Se sta cambiando tutto per tutti anche il partito più in salute non può fare finta di niente.
Il voto siciliano sembra aver cambiato anche in parte la percezione che avevamo dei candidati Cinquestelle, non più invasati del loro guru ma cittadini che chiedono un rapporto diverso con la politica. Una domanda “civica” di innovazione, di trasparenza e di sobrietà che, per esempio, quindici mesi fa, a Milano, la candidatura arancione di Pisapia ha saputo interpretare perfettamente e che oggi chiama le forze di centrosinistra in Lombardia e Lazio a uno sforzo supplementare.
Certo, le primarie nazionali (per la prima volta davvero incerte) rappresentano una tappa fondamentale per la costruzione di un nuovo patto tra centrosinistra e cittadini.
Ma la domanda è: possono bastare? E la vittoria facile su un centrodestra in disarmo non la rende ancora più insidiosa? Dopo i casi di corruzione svelati nel Lazio e soprattutto in Lombardia (addirittura con rapporti con la ’Ndrangheta) non è opportuno uno scrutinio più severo dei curricula dei candidati, delle fonti di finanziamento delle loro campagne elettorali, dei possibili conflitti d’interessi? E non serve un impegno pubblico, davanti agli elettori, per un utilizzo più attento delle risorse pubbliche così malamente sciupate dalle Regioni in questi anni?
Nel Lazio la candidatura condivisa di Nicola Zingaretti eviterà il ricorso alle primarie, passaggio probabilmente ineludibile in Lombardia dopo il no di Umberto Ambrosoli, un personaggio che descriveva simbolicamente la discontinuità necessaria al Pirellone dei corrotti. L’orientamento del Pd lombardo è di allargare l’alleanza elettorale anche a una serie di esperienze civiche che in questi anni hanno decretato il successo in una terra straniera per il centrosinistra come la prima regione d’Italia. La capacità di innovazione passa anche da lì, dalla disponibilità dei partiti a non chiudersi a riccio rispetto a una domanda che arriva per la prima volta da tutti i cittadini, da Nord a Sud, da Milano a Palermo.
Il Pd fa bene a festeggiare la vittoria di Rosario Crocetta, la prima volta del centrosinistra al governo della regione. Ma quello non è stato l’unico segnale arrivato dal voto siciliano, nemmeno quello prevalente, viste le divisioni nella destra. Secondo tutti gli analisti l’astensione record e il boom del Movimento 5 stelle rappresentano due facce di un fenomeno potenzialmente dirompente che sta cambiando il rapporto tra cittadini e politica, tra elettori e partiti. Qualcuno già parla di Terza repubblica ma non si esagera se si pensa all’inizio di un nuovo ciclo politico-elettorale, vent’anni esatti dopo Tangentopoli. L’analisi dei flussi elettorali siciliani, proposta oggi da Paolo Natale su Europa, conferma che il Pd non può considerarsi al sicuro, che il partito del non-voto e il movimento di Grillo minacciano potenzialmente anche un partito che, nei sondaggi, sull’onda delle primarie, tocca quota 30 per cento. Se sta cambiando tutto per tutti anche il partito più in salute non può fare finta di niente.
Il voto siciliano sembra aver cambiato anche in parte la percezione che avevamo dei candidati Cinquestelle, non più invasati del loro guru ma cittadini che chiedono un rapporto diverso con la politica. Una domanda “civica” di innovazione, di trasparenza e di sobrietà che, per esempio, quindici mesi fa, a Milano, la candidatura arancione di Pisapia ha saputo interpretare perfettamente e che oggi chiama le forze di centrosinistra in Lombardia e Lazio a uno sforzo supplementare.
Certo, le primarie nazionali (per la prima volta davvero incerte) rappresentano una tappa fondamentale per la costruzione di un nuovo patto tra centrosinistra e cittadini.
Ma la domanda è: possono bastare? E la vittoria facile su un centrodestra in disarmo non la rende ancora più insidiosa? Dopo i casi di corruzione svelati nel Lazio e soprattutto in Lombardia (addirittura con rapporti con la ’Ndrangheta) non è opportuno uno scrutinio più severo dei curricula dei candidati, delle fonti di finanziamento delle loro campagne elettorali, dei possibili conflitti d’interessi? E non serve un impegno pubblico, davanti agli elettori, per un utilizzo più attento delle risorse pubbliche così malamente sciupate dalle Regioni in questi anni?
Nel Lazio la candidatura condivisa di Nicola Zingaretti eviterà il ricorso alle primarie, passaggio probabilmente ineludibile in Lombardia dopo il no di Umberto Ambrosoli, un personaggio che descriveva simbolicamente la discontinuità necessaria al Pirellone dei corrotti. L’orientamento del Pd lombardo è di allargare l’alleanza elettorale anche a una serie di esperienze civiche che in questi anni hanno decretato il successo in una terra straniera per il centrosinistra come la prima regione d’Italia. La capacità di innovazione passa anche da lì, dalla disponibilità dei partiti a non chiudersi a riccio rispetto a una domanda che arriva per la prima volta da tutti i cittadini, da Nord a Sud, da Milano a Palermo.
complimenti