PERCHE’ L’ITALIA E’ PERSA?
Eppure, assumere un atteggiamento più pragmatico dovrebbe essere caratteristica imprescindibile di ogni governante, soprattutto se questa performance (?) giunge dopo 20 trimestri di crescita negativa su 28 (7 anni) e dopo che l’italia ha perso almeno 330 miliardi di PIL, senza considerare tutti gli altri dati che sentenziano senza mezzi termini il livello di distruzione prodotta dalla crisi.
Il grafico che segue ne esprime l’evidenza, aggravata dal debito pubblico in forte ascesa dal 2008, a fronte di livelli di crescita quasi stagnanti o addirittura negativi negli ultimi anni.
Ora, dicevamo che la favorevole congiuntura internazionale degli ultimi anni ha offerto un prezioso contributo alle esportazioni, consentendo all’Italia di non precipitare del tutto. In una economia, come quella italiana, che cresce solo se al traino di altre economie (e sotto questo aspetto, la posizione di vulnerabilità dell’Italia si è ulteriormente aggravata) la domanda esterna costituisce elemento cruciale che, soprattutto negli ultimi anni, ha consentito di colmare almeno in parte la caduta dei consumi e degli investimenti privati.
Ma questa medaglia, come tutte le altre, ha anche il suo rovescio. Ossia, che l’eventuale rallentamento dell’attività economica estera (sopratutto se forte) rischierebbe imprimere un duro colpo all’Italia, stante la posizione di estrema fragilità che si protrarrà ancora per un lungo periodo di tempo.
Detta in altre parole, possiamo dire che le altre economie si trovano in una fase di ciclo economico assai più avanzata rispetto all’Italia. Non vi è dubbio che quando queste economie rallenteranno l’espansione o, peggio, precipiteranno in recessione, l’Italia sarà costretta a pagarne un prezzo altissimo per via della fragilità e per via del fatto che, quando accadrà, con ogni probabilità, si troverà ancora a farei conti con l’ultima crisi che è ben lontana dal considerarsi risolta. A quel punto, è assai difficile immaginare che l’Italia possa trovarsi nella condizione di arginare una forte riduzione dell’attività estera, magari per via di maggiori consumi interni o maggiori investimenti.
La realtà è che l’Italia, da questa crisi, ha subito un durissimo colpo e una parte certamente non marginale del tessuto produttivo è andata distrutta. Il quale tessuto produttivo, per potersi rigenerare e ricreare, presuppone periodi temporali dilatati rispetto a quelli a disposizione dell’Italia e, soprattutto, presuppone che vengano rimossi tutti i fattori che ne hanno determinato la scomparsa e la distruzione. Non mi sembra che il quadro di riferimento abbia subito significativi cambiamenti, né che possa essere modificato nei tempi solleciti richiesti dalla gravità della situazione italiana.
Certo, come ha scritto in questi pixel il prof Orsi, l’Italia potrà essere “tenuta a galla” artificialmente (dalla Bce) per un periodo di tempo piuttosto lungo, ma non indefinitamente, perché nel frattempo l’economia reale continuerà a deteriorarsi e il rapporto debito/Pil continuerà ad aumentare.
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