LA STORIA DEL DAVID
C’era una volta un brutto pezzo di marmo, stretto e lungo, molto fragile, inadatto ed insufficiente per contenere una figura anatomicamente perfetta.
I Consoli dell’Arte della Lana, a Firenze, nel 1460, lo diedero prima ad Agostino di Duccio e sei anni dopo a Bernardo Rossellino ma anche quest’artista, dopo aver abbozzato la sagoma di una figura e costatato la fragilità di alcune nervature, lo abbandonò.
Dopo trent’anni lo stesso blocco di marmo fu affidato al 25enne Michelangelo, nel 1501.
Michelangelo accettò la sfida di ricavare il suo David da quel Bianco Carrara: ma non da porre nel contrafforte della Cupola del Brunelleschi ma là davanti al Palazzo dei Priori (Palazzo Vecchio) ed in questo fu subito appoggiato dal Gonfaloniere di Giustizia Pier Soderini.
Michelangelo trovò le fragili venature e le stuccò con malta di calce e polvere di marmo e lo riportò alla sua naturale levigatura.
Da quel pezzo di marmo bianco Michelangelo vuol ricavare il suo David, simbolo della libertà di un popolo contro la tirannia ed è singolare la raffigurazione dell’eroe prima di sferrare la sassata che colpirà il gigante Golia.
Il David è la personificazione di una città come Firenze, è l’emblema del Rinascimento, che ha le sue radici nel mondo classico, è l’emblema del rispetto della tradizione biblica e delle moderne rivendicazioni intellettuali della nuova società umanistica.
Il Maestro crea il suo David già nella sua posizione finale: lì, sul piedistallo sopra l’ultimo
gradino, alla sinistra del portone del Palazzo Vecchio. Il David deve essere monito ai governanti che dentro quel Palazzo vi governano. E’ lì che Michelangelo dà gli ultimi ritocchi al suo marmo per trovare la luce giusta e per proporzionarne la direzione dello sguardo a chi si accinge ad entrare nel palazzo. Per una scultura la luce è componente essenziale.
E è per quel luogo che la progetta il suo Autore.
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