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Nuovi studi mostrano che il virus della COVID-19 può attaccare il pancreas distruggendo le cellule che producono l’insulina e, in alcuni casi, causando il diabete. Bill Sullivan
Pubblicato 17 giu 2021, 09:20 CEST
Nella primavera del 2020 i medici di New York hanno notato che un numero considerevole di persone ricoverate per COVID-19 presentavano elevati livelli di zucchero nel sangue: una condizione chiamata iperglicemia, tipica del diabete.
COS’È UN VIRUS?
“Io e il mio collega facevamo molta fatica a tenere sotto controllo il livello della glicemia in alcuni pazienti COVID-19 anche in quelli che non presentavano un’anamnesi di diabete”, racconta il biologo Shuibing Chen, esperto in cellule staminali presso il Weill Cornell Medicine. Ancora più sorprendente, prosegue Chen, era il fatto che alcuni pazienti, che non soffrivano di questa malattia prima dell’infezione, sviluppavano il diabete dopo essere guariti dalla COVID-19.
Il virus della COVID-19 – il SARS-CoV-2 – è noto per provocare ingenti danni nei polmoni e causare insufficienza respiratoria grave. Ma come e perché alcuni pazienti COVID-19 sviluppino improvvisamente una malattia cronica come il diabete è ancora un mistero così come il numero di persone che devono fare i conti con questa complicazione.
Un’analisi globale condotta nel 2020 dal ricercatore sanitario Thirunavukkarasu Sathish presso la McMaster University in Canada ha scoperto che quasi il 15% dei pazienti che hanno contratto una forma grave di COVID-19 hanno sviluppato anche il diabete. Ma, ammette, “questo numero è probabilmente più alto tra gli individui a maggior rischio, ad esempio, quelli con prediabete”. La ricerca, condotta dall’endocrinologo Paolo Fiorina presso la Harvard Medical School e pubblicata nel 2021, ha mostrato che, in un gruppo di 551 pazienti ricoverati per COVID-19 in Italia, quasi la metà ha sviluppato iperglicemia.
Peter Jackson, biochimico presso la Stanford University School of Medicine, stima che “la percentuale di pazienti con forma grave di COVID-19 che possono sviluppare il diabete arrivi al 30%”.
Incuriositi dall’allarmante collegamento tra COVID-19 e diabete, Chen e Jackson hanno entrambi avviato indagini indipendenti per scoprire in che modo il SARS-CoV-2 potrebbe scatenare l’iperglicemia. Entrambi i gruppi hanno pubblicato i propri risultati nel numero di maggio della rivista scientifica Cell Metabolism.
“Le loro scoperte offrono informazioni essenziali sui meccanismi di base per cui la COVID-19 può portare a sviluppare nuovi casi di diabete nei pazienti infetti”, afferma Rita Kalyani, professoressa associata di medicina presso la Divisione di endocrinologia, diabete e metabolismo della Johns Hopkins University, non coinvolta in nessuno dei due studi.
Una ricerca sviluppata dall’ospedale Sacco, ospedale San Paolo e dall’Università degli Studi di Milano con un team internazionale coordinato dal professor Paolo Fiorina ha rivelato come si sviluppa il diabete correlato al Covid-19. L’infezione virale può indurre la resistenza all’insulina e quindi deteriorare la normale funzionalità β-cellulare.
Il pancreas è un altro obiettivo del virus della COVID-19
Il SARS-CoV-2 colpisce l’uomo in modi molto diversi. Molte persone accusano solo sintomi lievi mentre altre sviluppano la malattia in forma grave, potenzialmente letale. Con il proseguire della pandemia è diventato evidente che, oltre che nei polmoni, questo virus può diffondersi in altri organi essenziali come fegato, cuore e reni e danneggiarli. È stato inoltre confermato che diabete e obesità sono fattori di rischio comuni nei casi gravi di COVID-19.
In uno studio precedente, il gruppo di Chen ha coltivato in laboratorio diversi tipi di tessuto per vedere quali risultavano vulnerabili al virus della COVID-19. “Con grande sorpresa, abbiamo scoperto che le cellule beta del pancreas sono molto permeabili all’infezione di SARS-CoV-2”, spiega Chen. Il pancreas, che si trova dietro lo stomaco, è un organo complesso composto da numerosi tipi di cellule che aiutano la digestione. Inoltre contiene le cellule beta che producono l’insulina, l’ormone che scorta le molecole di zucchero dal sangue alle cellule dell’organismo dove vengono usate per l’energia.
Tuttavia il fatto che un virus possa infettare le cellule cresciute su un vetrino da laboratorio non significa che possa attaccare l’organismo nello stesso modo. Per verificare se le osservazioni del laboratorio rappresentavano ciò che effettivamente accade nell’uomo, entrambi i gruppi di Chen e Jackson hanno acquisito campioni da autopsie di pazienti morti di COVID-19. Entrambi i gruppi hanno rilevato il SARS-CoV-2 nelle cellule beta del pancreas dei pazienti deceduti.
Ma in che modo, esattamente, un virus respiratorio si sposta dai polmoni e raggiunge il pancreas? Dopo che i pazienti si ammalano di polmonite, l’infezione del lobo inferiore del polmone può causare un danno tessutale che permette al virus di fuoriuscire dagli alveoli polmonari e raggiungere i vasi sanguigni, spiega Jackson. “Una volta entrato nel sistema circolatorio, il virus può penetrare in altri tessuti altamente vascolarizzati come pancreas, cervello e reni”. Altri presumono che il virus possa entrare nel sistema circolatorio fuoriuscendo dall’intestino, cosa che può verificarsi nei pazienti privi di flora batterica intestinale sana.
In che modo il virus blocca la produzione di insulina
Entrambi i team di ricerca hanno notato che le cellule beta infettate con il SARS-CoV-2 smettono di produrre l’insulina. Nello studio di Jackson, le cellule beta infettate muoiono per apoptosi, una sequenza di autodistruzione geneticamente programmata attivata dalle cellule danneggiate.
Il gruppo di Chen ha scoperto che le cellule beta infette subiscono un processo chiamato transdifferenziazione, ovvero si convertono in un altro tipo di cellula, un tipo che non produce più l’insulina. È possibile che alcune delle cellule beta infettate subiscano la transdifferenziazione mentre altre si autodistruggono.
In entrambi i casi, il risultato è il medesimo: quando il virus della COVID-19 attacca le cellule beta pancreatiche, la produzione di insulina si riduce.
Questa situazione può provocare il diabete di tipo 1 che in genere è causato da fattori di rischio genetici che stimolano una reazione autoimmune che attacca e distrugge le cellule beta. Il diabete di tipo 1 si riscontra più frequentemente in età giovanile e i pazienti devono iniettarsi l’insulina ogni giorno poiché il loro corpo non produce più quell’ormone. Inoltre, il diabete di tipo 1 si manifesta a seguito di un fattore ambientale scatenante, come un’infezione, che attiva la reazione immunitaria.
Al contrario, il diabete di tipo 2, molto più comune, si verifica quando l’organismo diventa resistente all’insulina che produce. Il diabete di tipo 2 può essere gestito modificando l’alimentazione e facendo esercizio fisico anche se talvolta sono necessari farmaci che migliorano la sensibilità all’insulina. Complessivamente sono 34,2 milioni gli americani che soffrono di diabete secondo un report del 2020 pubblicato dal Centro per il controllo delle malattie (Centers for Disease Control).
È importante continuare a studiare le cellule beta infettate e il loro destino perché potrebbero esistere sistemi per prevenirne la distruzione nei pazienti con casi gravi di COVID-19. Il team di Chen ha condotto analisi su un ampio ventaglio di sostanze chimiche nella speranza di trovarne una che possa evitare il processo di transdifferenziazione.
Possibilità terapeutiche
Dall’analisi è emerso un composto chiamato trans-ISRIB che ha aiutato le cellule beta a mantenere la loro identità e la loro capacità di produrre insulina una volta infettate con il SARS-CoV-2. Trans-ISRIB, che significa Integrated Stress Response InhiBitor (ovvero inibitore della risposta integrata allo stress, NdT), è un composto scoperto nel 2013 che è in grado di prevenire la normale risposta allo stress di una cellula. Composti di questo tipo sono allo studio come potenziali terapie per evitare apoptosi e danneggiamento cellulare.
Chen avverte però che “Trans-ISRIB non è un farmaco approvato dall’FDA quindi non può ancora essere utilizzato sui pazienti. Ma i nostri studi indicano che è possibile sviluppare un nuovo farmaco per evitare che la COVID-19 causi il diabete”. Il gruppo di Jackson ha scoperto che il recettore di una proteina cellulare, chiamato neuropilina-1, è essenziale affinché il SARS-CoV-2 possa invadere le cellule beta; il blocco di questo recettore evita che le cellule vengano infettate.
C’è anche un grande interesse tra la comunità di ricerca per lo sviluppo di farmaci che impediscano alle cellule di autodistruggersi per apoptosi. Composti sperimentali chiamati inibitori della caspasi, che impediscono il suicidio delle cellule, vengono attualmente studiati come potenziali terapie per migliorare o prevenire gravi forme di COVID-19. Sfortunatamente gli inibitori della caspasi non hanno ottenuto un concreto successo nella pratica clinica nonostante le ottime premesse e l’interesse suscitato. Eppure “potrebbero funzionare per l’esposizione a breve termine limitando il danno virale”, afferma Jackson.
Chen aggiunge che il SARS-CoV-2 non è l’unico virus che minaccia il pancreas: “Coxsackievirus B, rotavirus, virus della parotite e citomegalovirus sono tutti virus che infettano e danneggiano le cellule beta. Che siano causa diretta del diabete di tipo 1 è tuttavia ancora oggetto di controversie”. Sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire se sia possibile neutralizzare gli attacchi virali diretti contro il pancreas bloccando l’infezione oppure impedendo al virus di raggiungere l’organo.
Kalyani precisa che questi studi “sottolineano ulteriormente l’importanza di vaccinarsi contro la COVID-19. Gli individui che contraggono la COVID-19 e in particolare quelli con prediabete o altri fattori di rischio per il diabete devono segnalare al proprio medico eventuali sintomi di iperglicemia come minzione frequente, sete eccessiva, vista sfuocata o immotivata perdita di peso”.
Questi nuovi risultati enfatizzano il fatto che abbiamo ancora molto da imparare sulla COVID-19 e sui suoi effetti a lungo termine. Sembra chiaro che per alcuni individui sfortunati sconfiggere il virus è solo l’inizio: ulteriori complicazioni possono emergere a seconda dei sistemi dell’organismo che vengono danneggiati dall’infezione virale.
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