Maggio 30, 2023

ALESSANDRO SICURO COMUNICATION

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I tre giovanissimi milanesi di Mashape che hanno sfondato nella Silicon Valley

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«Da noi dicevano: avete solo 19 anni. Quello che doveva essere un punto a favore era un ostacolo»

maxresdefaultMILANO – Sono cresciuti a pane e tecnologia, avendo come modello le storie di successo del fondatore di Microsoft, Bill Gates, e quella vissuta vent’anni più tardi da Mark Zuckerberg, l’ideatore di Facebook. Anche loro avevano il pallino dell’informatica. E anche loro alla fine il loro progetto l’hanno realizzato in California, in quella Silicon Valley che negli ultimi decenni è stata la culla dell’innovazione. Augusto Marietti, Marco Palladino e Michele Zonca, rispettivamente 22, 21 e 28 anni, sono però italianissimi. E in Italia avevano anche provato a coniugare business e nuove tecnologie. Con un progetto valido in testa e tanta voglia di fare, hanno atteso per mesi una risposta che non è mai arrivata, bussando a centinaia di porte e confidando in venture capital che non erano pronti al rischio. Così hanno deciso di buttare lo sguardo oltre oceano. E sotto il sole californiano qualcuno li ha notati.

marietti«Già nel 2008 abbiamo iniziato a cercare i finanziamenti, ma abbiamo avuto in cambio solo parole – spiegaAugusto Marietti, nato a Roma ma trapiantato a Milano -. Ogni volta il refrain era lo stesso: avete solo 19 anni. Quello che doveva essere un punto a favore era visto come un ostacolo». Ne sa qualcosa Marco Palladino, enfant prodige milanese che già a 17 anni, mentre studiava al liceo Leonardo da Vinci, cercava i fondi per cominciare a germogliare da solo. «Dopo il liceo mi sono iscritto in Bicocca a Computer science ma dopo un anno e poco più l’ho abbandonata perché non riuscivo a vivere il concetto di esperienza d’impresa sulla mia pelle. Troppa teoria e poca pratica». O Augusto che a 18 anni fonda MemboxX, il primo sito italiano di online storage di documenti e password. «A ripensarci l’idea era buona, tuttavia non sapevo niente di business, venture capital, finanziamenti. In quel periodo lessi Google e gli altri, che narrava nel dettaglio la storia di Google e della Silicon Valley. Avevo capito che dovevo avere il coraggio di andarmene». Ecco perché, la loro storia assomiglia molto a quella dei guru dell’informatica mondiale. Mettendo insieme i loro pochi risparmi i tre amici hanno iniziato in un garage di via Panfilo Castaldi, nel centro di Milano.

Lì è nato Mashape, un sito web dedicato agli sviluppatori, un luogo in cui è possibile creare un’applicazione in10273766_10154170695815454_119896029020966505_n un’ora e decidere di distribuirla subito gratis o a pagamento sul mercato. Fino all’ultimo hanno provato a sperare in un segnale prima di decidere di partire per San Francisco. «Spendevamo 350 euro di affitto al mese – racconta Michele Zonca, nato a Lainate -. Siamo partiti con tre computer e una grande lavagna. E nel tempo libero cercavamo investitori o clienti». Dopo mesi di contrattazioni inutili con potenziali investitori italiani, i tre hanno scritto una lettera aperta sul sito Tagliablog: «Cara Italia, se vuoi cambiare devi investire sui giovani, ma non come dicono i politici in tv. Ci devi investire veramente… Sono loro i primi che usano nuovi prodotti e sono i primi ad accorgersi dei nuovi problemi e creare quindi soluzioni. Tu sei un Paese pieno di persone che inventano tecnologie, ma la tecnologia da sola non serve a niente, diventa innovazione quando viene applicata sulla massa e il mondo è pieno di tecnologie potenti che non sono andate da nessuna parte. Buongiorno America, grazie di credere in noi. E nella nostra vision».

10506758_10154683362915454_7341282721013445144_oNella primavera del 2010 i tre ragazzi hanno fatto le valigie e sono volati in California. «Siamo andati a dormire in motel come nei film – raccontano -, mangiavamo riso e fagioli per risparmiare. A turno uno di noi andava agli appuntamenti delle principali rassegne tecnologiche americane, fino a che non abbiamo incontrato, alla Entrepreneurship Week – uno degli appuntamenti della settimana dell’imprenditoria della Stanford University in California – gli investor di YouTube, che hanno subito creduto in noi. Gli abbiamo raccontato il nostro progetto seduti su una panchina: anni di lavoro compressi in cinque minuti». Dal primo incontro ne sono seguiti altri due molto informali. Da non credere il secondo appuntamento: «Gli investitori di YouTube sono venuti nella nostra stanza, che condividevamo con altri due ragazzi, e si sono seduti sul letto gonfiabile di Michele – racconta emozionato Marco – e noi non credevamo ai nostri occhi. Abbiamo capito che quello che contava era la nostra idea perché in quel momento eravamo come loro, senza differenze». Sbrigate le formalità legali, in diciannove giorni, dopo una stretta di mano e un pranzo con sushi, sono arrivati i primi finanziamenti: 100 mila dollari. Adesso Augusto, Marco e Michele sono in viaggio per l’Europa per sviluppare l’idea e acquisire più utenti possibili. Ce l’hanno fatta.

Alessandro Sicuro

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