Il premio è andato all’americana Frances H. Arnold, al suo connazionale George P. Smith e al britannico sir Gregory P. Winter. Trionfo per l’ingegneria genetica
Il Nobel per la chimica 2018 è stato assegnato a una donna e due uomini, ripetendo lo schema di martedì del Nobel per la fisica. Il premio è andato all’americana Frances H. Arnold, al suo connazionale George P. Smith e al britannico sir Gregory P. Winter. L’Accademia svedese delle scienze ha voluto premiare gli studi sull’evoluzione degli enzimi. In pratica è un trionfo dell’ingegneria genetica: utilizzare il Dna degli stessi organismi per migliorarli e ottenere le caratteristiche che vogliamo, accelerando di milioni di volte quello che avviene in natura con la selezione naturale darwiniana.
Quinta donna
Frances Hamilton Arnold, 62 anni, è la quinta donna a ricevere il Nobel per la chimica. Prima di lei erano state premiate Maria Curie nel 1911, sua figlia Irene Joliot Curie nel 1935 (insieme al marito Frédéric Joliot), l’americana Dorothy Crowfoot Hodgkin nel 1964 e l’israeliana Ada Yonath nel 2009. Arnold, che insegna ingegneria chimica al Caltech (California Institute of Technology), ha condotto la prima evoluzione diretta degli enzimi, utilizzati per fabbricare biocarburanti e prodotti farmaceutici. Due anni fa ho ottenuto anche il Millennium Technology Prize, il «Nobel» per l’innovazione tecnologica da 1 milione di euro. I suoi studi sono diretti sul miglioramento dei processi evolutivi degli enzimi tramite mutazioni indotte del Dna, molecole che catalizzano (facilitano) le reazioni chimiche, per crearne nuove ad hoc. «Possiamo fare in poco tempo quello che la natura fa in milioni di anni di evoluzione», aveva dichiarato. Nel 2012 il presidente Barack Obama l’aveva nominata tra gli scienziati più importanti degli Usa.
Gli altri premiati
George Smith, 77 anni, lavora all’Università di Missouri Columbia dal 1975. Gregory Paul Winter, 67 anni, è un biochimico inglese del Trinity College di Cambridge. Ha messo a punto una tecnica che utilizza i batteriofagi, virus che infettano batteri, per migliorare la selezione di proteine. Wilson ha utilizzato le ricerche di Smith per controllare l’evoluzione degli anticorpi, in modo da ritagliarli «su misura» per svolgere determinate funzioni. Nel 2002 il primo anticorpo ottenuto con questa tecnica, chiamato adalimumab, è stato approvato per la terapia dell’artrite reumatoide.
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