ITALIA – UNIONE EUROPEA
LA RESA DEI CONTI
L’Unione monetaria Europea è di fatto un’unione di Stati sovrani, più vicina al concetto di confederazione piuttosto che a quello di federazione. In questo senso sono state pensate una serie di normative tese ad evitare politiche economiche e finanziarie che potessero essere troppo divergenti tra loro.
E’ la Commissione Europea che vigila e l’obiettivo finale è l’azzeramento del deficit dei Paesi membri. Questo controllo si è fatto più rigoroso ed oneroso con l’introduzione del Fiscal Compact il quale ha oltre tutto obbligato i paesi UE all’inserimento nelle rispettive Carte Costituzionali di un articolo che preveda l’obiettivo obbligatorio del pareggio di bilancio. Fatto questo che ha scatenato non poche polemiche in quanto da molti è ritenuta una norma non pertinente alla Costituzione di un singolo Stato.
Il Fiscal Compact obbliga i governi a rigide politiche di bilancio che di fatto frenano lo sviluppo, anche perché è prassi che gli Stati finanzino la propria crescita proprio con il deficit. Questo perché attraverso il deficit possono creare sviluppo, finanziare opere pubbliche, aiuti sociali ed alle imprese, produrre una maggiore circolazione monetaria. Il governo Italiano ha invece previsto un piano con un disavanzo del PIL del 2,4% per 3 anni, questo va contro le normative stabilite in sede Europea ed anche contro gli interessi di molti gruppi finanziari. In realtà questo tipo di flessibilità è già stata consentita ad altri Paesi dell’eurozona, nel caso dell’Italia ha invece innescato una serie di polemiche anche aspre tra governo nazionale ed Unione Europea.
Le pressioni esercitate in questi giorni sia da Bruxelles che dai mercati sono state molteplici, una parte sicuramente deriva da un certo timore degli investitori rispetto alla situazione italiana ma una buona parte deriva dalla non volontà di accettare il fallimento di fatto delle politiche economiche e monetarie messe in atto dalla UE e dal timore, da parte della attuale classe dirigente europea di perdere il suo potere sia in termini decisionali che finanziari. Cosa questa che sarà peraltro definita nelle elezioni della primavera prossima.
E’ parere di molti che il ruolo politico, inteso a livello globale, l’Unione Europea lo abbia già perso con la contrapposizione alla Russia di Putin che di fatto è diventata il terzo protagonista, insieme a Stati Uniti e Cina, a livello di decisioni planetarie. Con quella scelta, portata avanti con decisione sia dalla Germania che dagli Stati Uniti ai tempi dell’Amministrazione Obama e del Sottosegretario agli esteri Hillary Clinton, ed alla quale tutta l’UE, Italia compresa, (governo Renzi) si è accodata, l’Europa, anzichè avanzare nelle sue aspettative di leadership mondiale è tornata a livello di ( quasi ) provincia. Politicamente un errore madornale.
Sulla manovra italiana si gioca in pratica sull’ultimo tavolo rimasto cioè su quanto questa classe dirigente Europea possa continuare a ricoprire un ruolo in cui si è dimostrata inadeguata in politica estera, ammesso ne abbia mai avuta una, e piuttosto stretta di vedute e poco elastica sulle politiche economiche degli Stati membri. Al momento, e questa è storia, non è stata in grado di sviluppare una reale integrazione tra i Paesi membri, privilegiando una eccessiva rigidità sui parametri di bilancio, rispetto al tessere le fila dei delicati rapporti di coesione europea.
I troppi vincoli, le norme rigide, il MEF, il Fiscal Compact, hanno sì assicurato una certa stabilità ma hanno impedito il realizzarsi o almeno un abbozzo di Stato unitario. L’Europa, per come è nata dalla mente dei suoi Padri Fondatori, Altiero Spinelli, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Jean Monnet… era e rimane un bellissimo progetto ma l’evoluzione di questo sogno è naufragato in una guerriglia economica tra Stati i quali anziché confederarsi tra loro per il bene reciproco, lo hanno fatto in funzione degli interessi nazionali ed in particolare di uno solo di essi, che ha cercato di creare una UE a sua immagine e somiglianza. Non era sbagliato tentare di esportare il modello tedesco a gran parte dell’Unione, ma sono stati sbagliati i modi e le modalità. Questa è stata la causa principale dei problemi attuali. Forse non l’unica ma assolutamente determinante.
Porsi oggi in contrapposizione con il governo italiano, fa constatare una notevole dose di miopia, anche per le ripercussioni che una eventuale crisi / rottura con l’Italia avrebbe su tutto lo stato dell’Unione. Contrapposizione dettata sicuramente da interessi anche economici, ma del tutto inadatta a far vincere questa sfida. I nuovi sovranismi indicano chiaramente la stanchezza verso questo tipo di sistema e vanno solo apparentemente in direzione contraria al sogno unitario. Sono segno e richiesta di profondo cambiamento, non meri nazionalismi. Chi non comprende questo farebbe bene ad accettare il dato storico e farsi da parte. Per il bene stesso dell’Europa. Quella vera.
Alessandro Sicuro Comunication
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