APPUNTAMENTO LUNEDI 22 OTT ORE 12
Conformemente ai trattati dell’UE, la Commissione può adire le vie legali – con una procedura d’infrazione – contro un paese dell’UE che non attua il diritto dell’Unione europea. La Commissione può deferire il caso alla Corte di giustizia che, in alcuni casi, può imporre sanzioni pecuniarie, ma…
Probabilmente la Commissione Europea boccerà anche la lettera esplicativa sulla manovra del governo italiano; così ha dichiarato il commissario Oettinger. Cosa potrebbe succedere adesso? L’Europa in realtà è sostanzialmente senza poteri e i “mercati finanziari sono l’unica diga contro le politiche irresponsabili”. In realtà non è esattamente così, nel senso che l’Europa potrebbe come ultimo tentativo imporre sanzioni contro l’Italia, il problema è che si tratterebbe di un precedente unico in quanto non sono mai state comminate ad alcun paese.
Quando nel 2003 Francia e Germania hanno violato il limite del 3%, come ci ricorda il Financial Times, hanno addirittura ottenuto che l’unione sospendesse il meccanismo delle sanzioni. Lo scontro tra Italia ed Europa può portare all’ imposizione di sanzioni contro l’Italia, anche queste sanzioni non sono mai state comminate contro nessuno. Se avvenisse ora si aprirebbe una fase di tensioni politiche gravi ed il Governo italiano sta ponendo una questione che va al cuore dell’attuale sistema europeo per un motivo fondamentale. Quello relativo ad una fase di sviluppo sempre rimandata ma necessaria al vecchio continente per un rilancio sia interno sia internazionale.
Questo obiettivo deve essere assolutamente raggiunto l’austerity è incomprensibile non solo in qualsiasi altro posto del mondo, ma sopratutto in ampie fasce dell’Unione Europea stessa. I consensi sono alti su questo tema visto che i parametri attuali penalizzano i più poveri e indebitati e premiano i più ricchi e meno indebitati. Questo si genera perché in Europa manca qualsiasi fattore di livellamento rispetto alla differenza di performance economica al suo interno. Cosa del tutto assurda in quella che vorrebbe essere non dico una federazione ma almeno una unione di Stati confederati.
L’austerity non è un problema solo italiano, ma anche greco, portoghese, spagnolo e pure francese, anche se la Francia ha avuto uno status privilegiato in virtù del suo peso politico ed anche in virtù dell’assenza di peso politico dei governi italiani.
Questo concetto di Europa pone perplessità a molti. Ad esempio al premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz. Dichiara infatti in un articolo su Project Syndicate dal titolo «Can the euro be saved?:
«L’ Italia fatica dall’introduzione dell’Euro. Se un Paese va male, la colpa è del Paese, se molti Paesi vanno male, la colpa è del sistema. L’euro è un sistema quasi destinato al fallimento. Ha tolto ai governi i principali meccanismi di aggiustamento (tassi di interesse e di cambio), e anziché creare nuove istituzioni che aiutassero i Paesi a gestire le nuove situazioni, ha imposto restrizioni – spesso basate su teorie economico politiche screditate su deficit, debito, e anche riforme strutturali». Ed aggiunge “La risposta della Germania è di caricare il fardello sui Paesi deboli, già provati da alta disoccupazione e bassa crescita. Sappiamo a cosa porta una scelta simile: più dolore, più sofferenza, più disoccupazione, e ancora minor crescita. L’Italia è sufficientemente grande, e ha economisti sufficientemente bravi e creativi, da studiare un’ uscita de facto, introducendo in sostanza una doppia moneta flessibile che potrebbe aiutare a recuperare ricchezza. Questo violerebbe le regole dell’eurozona, ma la responsabilità di un’ uscita de jure, con tutte le sue conseguenze, sarebbe scaricata su Bruxelles e Francoforte, con l’ Italia che conterebbe sulla paralisi dell’ Unione europea per scongiurare la rottura finale…”.
Ma è verosimile una uscita dell’Italia dall’Euro? Probabilmente no.
Anche per i motivi esposti da Theo Waigel, per dieci anni Ministro delle Finanze del governo Kohl.
“Se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, dichiara, allora avremmo immediatamente, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco – che tornerebbe nuovamente in circolazione -. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale“.
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