Di questi, quasi 8.500 rischiano di non essere coperti perché non reperibili sul mercato del lavoro. Un dato, quest’ultimo, molto inferiore a quello riferito al 2009 che, in termini assoluti, era pari a quasi 17.600. In buona sostanza, negli ultimi sei anni i “lavoratori introvabili” sono pressoché dimezzati.
In questa elaborazione sono state considerate le professioni per cui le aziende prevedono l’assunzione di almeno 1.000 figure (è stato esaminato l’83% di tutte le assunzioni previste nel 2014 e l’86% di quelle del 2009). Si tratta delle previsioni di assunzione non stagionali.
Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia sottolinea “Le cause del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro sono molteplici. Nonostante il perdurare della crisi, molte aziende continuano a denunciare che nei settori tecnologici ad alta specializzazione le competenze dei candidati sono insufficienti. Sicuramente ciò è vero: spesso la preparazione di molti giovani è ben al di sotto delle richieste avanzate dalle imprese. Tuttavia molte aziende scontano ancora adesso metodi di ricerca del personale del tutto inadeguati, basati sui cosiddetti canali informali, come il passaparola o le conoscenze personali che non consentono di effettuare una selezione efficace. Non va trascurato nemmeno il fenomeno della disoccupazione d’attesa: “nei settori dove è richiesta una elevata specializzazione, le condizioni offerte dagli imprenditori, come la stabilità del posto di lavoro, la retribuzione e le prospettive di carriera non sempre corrispondono alle aspettative dei candidati. Se questi sono di valore, preferiscono rinunciare, in attesa di proposte più interessanti”.
L’analisi dell’Ufficio studi della Cgia si ferma anche sul confronto tra i risultati emersi nell’indagine condotta quest’anno e quelli riferiti all’inizio della crisi. In questi ultimi sei anni – osserva la Cgia – c’è stata una profonda trasformazione del mercato del lavoro, sia per quanto riguarda la domanda che l’offerta.
La geografia delle professioni e con essa anche la graduatoria dei lavoratori più difficili da reperire è mutata profondamente.
Se all’inizio della crisi non si trovava oltre la metà degli infermieri /ostetriche, dei falegnami e degli acconciatori, nel 2014 le professionalità più difficili da trovare (per numero o per caratteristiche personali o di competenza) risultano
- gli analisti e i progettisti di software (37,7%),
- i programmatori (31,2%),
- gli ingegneri energetici e meccanici (28,1%),
- i tecnici della sicurezza sul lavoro (27,7%)
- i tecnici esperti in applicazioni informatiche (27,4%).
Dopo 6 anni di crisi solo tre figure professionali sono rimaste nella medesima top-ten:
- infermieri ed ostetriche,
- acconciatori
- attrezzisti di macchine utensili.
Profili che continuano ad avere un futuro, seppure ridimensionato in termini assoluti dalla crisi.
Se nel 2009 la platea dei “lavoratori introvabili” era costituita da attività artigianali ad elevata abilità manuale , oggi, gli “introvabili” sono legati a settori ad alta specializzazione tecnica, in particolare nell’ informatica.
How difficult it is when there is such an obvious mismatch between labor supply and demand. Are the companies or colleges and/or other institutions doing anything to stem the tide in order to have well qualified and trained employees? Or are they going to let the process continue and see more of a decline in the industry and fall behind on the world stage?
If the companies readily admit that their hiring practices and retention practices are indeed inadequate are they making any changes to turn things around and correct the issue.? There is so much that could be done, starting with the proper training of management and afford continual staff development to assure the staff is up-to-date on all processes and more so that they more than adequately perform their jobs and become more of a force in the industry.
If their are people that remain unemployed that have the back ground, education and training in this field, then they should be afforded the opportunity of a job and help in making a difference (in some small way to turn things around)
If the nation is going outside for supplies and labor that needs to be halted and tap the rich resources within the nation. They have a wealth of potential employees that desire to work in their field or are even willing to learn a new trade in an effort to work and feel productive, plus bring some credibility back to an area where it has been failing.
It is an intriguing article that sheds light on a severe problem that despirately needs to be fixed
Thank you